Marie Heurtin, Dal buio alla luce. È questo il titolo del bel film realizzato dal regista Jean-Pierre Améris, arrivato da poco nelle sale italiane. La storia, vera, è quella di una bambina sordomuta e cieca, nata il 13 aprile 1885 a Vertou e tenuta in casa dai genitori fino ai dieci anni, quando, consapevoli che la sorte della loro figlia sarebbe stata il convento o il manicomio, la portano dalle suore Figlie della Sapienza che a Larnay, vicino a Poitiers, si prendono cura delle bambine sorde.
Ma il caso di Marie appare subito disperato: non avendo nessun contatto col mondo esterno, non conosce regole, né limiti, non comunica e non sa farsi capire. Toccherà a suor Marguerite accettare la sfida, anche contro il parere della Superiora: la giovane e tenace suora che si sentiva capace solo di coltivare l’orto e non aveva nessuna preparazione specifica, desiderando portare la piccola Marie “dal buio alla luce”, si dedica al compito veramente arduo facendo innumerevoli tentativi seguiti da altrettanti fallimenti.
Finalmente il miracolo (come non ricordare a questo proposito Anna dei miracoli del 1962?) avviene e Marie oltre al linguaggio dei segni, imparerà a scrivere a macchina, a lavorare a maglia, a giocare a domino, ecc. Si dedicherà, dopo la morte dell’amata maestra Marguerite, ad aiutare altre bambine con gli stessi deficit; morirà a trentasei anni, nel 1921.
Il regista ha attinto dal libro “Un’anima in prigione” (1904) di Louis Arnould, docente all’università di Poitiers e convinto sostenitore della realtà di Larnay. Quello che tra le altre cose il film mette in evidenza è che l’educazione è una lotta: qui in senso letterale, fisico. Tra la suora e l’educanda ribelle corrono botte, pugni, schiaffi e sputi, tra lo sconcerto delle suore e delle altre ospiti, fino a quando il dono di sé che Marguerite vive porta Marie alla rinascita.
Il termine lotta ci pare descrivere bene quello che è il compito educativo oggi: una necessità a cui molti genitori/insegnanti/educatori si sottraggono in quanto richiede coraggio, tenacia, pazienza. È stato detto che non c’è mai stata una società così “formata” come la nostra, ricca di titoli di studio -più o meno prestigiosi – conseguiti ingurgitando manuali, eppure la crisi educativa odierna non conosce precedenti.
È inutile commuoversi di fronte al dramma del film se poi ci nascondiamo il dramma dei nostri bambini, ragazzi e giovani. I quali, pur normo-dotati o addirittura superdotati, soffrono di una sorta di “anoressia spirituale”, come ha scritto Gianfranco Lauretano su queste pagine. Noi adulti, comunque a vario titolo educatori, non siamo disponibili alla lotta innanzitutto contro noi stessi, “non siamo disponibili al sacrificio per nessuno, neanche di un po’ di tempo” e questo ci impedisce una “relazione calda gratuita commossa” come quella che suor Marguerite riesce a instaurare con la piccola Marie.