Siamo al terzo capitolo della saga targata DreamWorks che racconta le avventure del simpatico panda Po, cresciuto dall’oca che cucina ravioli (Mr Ping) e addestrato alle arti marziali dal maestro Shifu. In Kung Fu Panda 3 è tempo per Po di diventare maestro di kung fu, ma il panda non si sente pronto a un simile compito. È insicuro, timoroso e non crede davvero nelle proprie potenzialità, perché ancora non sa quale sia la sua strada. 



La sua vita cambia quando un altro panda, Li Chan, arriva nel suo villaggio, rivelando di essere suo padre e invitandolo a seguirlo nel villaggio segreto dei Panda, che un tempo sapevano dominare il chi (ovvero l’energia cosmica). Po lo segue fiducioso, sperando di imparare qualcosa di utile per salvare gli amici: una nuova minaccia, infatti, è arrivata a turbare la pace del suo mondo. Lo spirito guerriero Kai, il più grande nemico del maestro Oogway, è tornato tra i mortali e vuole conquistare la Cina, dominando tutte le creature attraverso il loro chi



Mentre si prepara ad affrontare il nemico, Po deve anche abituarsi alla presenza dei due papà, quello reale e quello adottivo, che prima si scontrano, poi si uniscono per sostenerlo. Il tema della famiglia e della conquista dell’identità percorre tutto il film, dando profondità alla storia. L’idea che non ci si debba “contendere” un figlio, bensì aiutarlo a trovare se stesso, s’intreccia con la convinzione che conoscere le proprie radici sia necessario per non perdersi e per sviluppare la propria personalità. L’appartenenza a una comunità, a una famiglia, a un gruppo di amici fedeli, è ciò che dà la forza di superare gli ostacoli e di non sentirsi bloccati: la vittoria di Po contro Kai non deriva dalla sua grande abilità nelle arti marziali, ma dall’energia che i suoi amici, i panda e i due papà gli trasmettono. Po si rende conto di essere tante cose insieme, perché l’identità non corrisponde a un’etichetta, ma si costruisce attraverso i legami e le esperienze concrete.



Un altro spunto interessante è offerto dalla “rivelazione” che permette a Po di creare una squadra vincente conto il nemico: Po addestra gli amici a sviluppare il talento naturale di ognuno, scoprendo in questo modo di essere un bravo insegnante. 

La regista Jennifer Yuh, a cui si affianca l’italiano Alessandro Carloni (che ha lavorato anche a Dragon Trainer), riesce con successo a creare un prodotto che funziona, con personaggi ben definiti, riconoscibili e divertenti, senza tentare esperimenti e restando fedele allo spirito della saga. Più compatto dal punto di vista narrativo rispetto al capitolo precedente, Kung Fu Panda 3 è anche bellissimo da guardare. Il film, infatti, eccelle soprattutto sul piano dell’animazione, che unisce bidimensionalità e tridimensionalità per costruire scenari spettacolari, in grado di conquistare adulti e bambini. Elementi e tecniche orientali e occidentali si fondono in modo armonico, coerentemente con lo sfondo culturale del cartoon, sempre denso di azione. Il ritmo è frenetico, le battute brillanti, mirate a divertire senza mai suonare esagerate.

Conforta avere la conferma che il livello dell’animazione è davvero alto, considerando che i cartoon sono diretti principalmente al pubblico più giovane. A dir la verità, quando i prodotti sono così godibili, anche gli adulti escono dalla sala soddisfatti, nella consapevolezza che in una storia divertente e leggera si possono trovare molti spunti di riflessione, se è ben costruita.