Lo sgombero della baraccopoli definita “La giungla di Calais” è il tema di uno sei servizi che vedremo questa sera, domenica 6 marzo 2016, a Le iene show. Marco Maisano tornerà nel campo in cui si sono stanziati migliaia di migranti arrivati nel Nord della Francia con il sogno di raggiungere la Gran Bretagna. La polizia sta mettendo in atto gli sgomberi e nerl servizio vedremo come lo smantellamento abbia cambiato completamente le abitudini di questa “città” dove si sono sviluppate persino attività commerciali e assistenziali. Queste, insieme alle abitazioni di fortuna, vengono oggi distrutte da incendi e bulldozer. La barracopoli nata a Calais è frutto dell’enorme flusso di migranti che da più di un anno si sta riversando in Europa: masse di parsone fuggono dalle zone in guerra di Siria, Afghanistan, Eritrea, e molti altri paesi, per cercare rifugio e speranza verso l’occidente. L’arrivo di queste enormi quantità di esseri umani, ognuno con le proprie esigenze, ha portato a non pochi problemi logistici per i Paesi che hanno dovuto accoglierli. Una situazione del tutto peculiare si è venuta a creare a Calais, cittadina francese di poche migliaia di abitanti che si trova a poca distanza dallo stretto della manica, e quindi da un immediato accesso alla Gran Bretagna, che è la meta a cui moltissimi profughi tendono. Agli inizi del 2015, al fine di accogliere coloro che arrivavano, il governo francese ha deciso di concedere loro uno spazio che si trova a circa 7 chilometri da Calais, dove i fuggitivi potessero trovare quantomeno una prima accoglienza. Quel luogo, che un tempo era un villaggio turistico ma che all’epoca era privo di qualunque servizio di prima necessità, come servizi igienici, luce e acqua, con il tempo è diventato un vero e proprio villaggio multietnico che ha preso il nome di Giungla (Jungle). Le persone delle più diverse provenienze hanno imparato a convivere, e grazie all’aiuto di alcune associazioni no profit internazionali sono stati allestiti molti punti di aggregazione (scuole, ambulatori, persino un teatro). Sono stati aperti alcuni negozi ed anche ristoranti, bar e discoteche. Ma, viste le condizioni di vita comunque precarie che chi vive nella Giungla di Calais deve sostenere, il governo francese ha disposto lo smantellamento di questa baraccopoli, assicurando al contempo che coloro che vi risiedono attualmente potranno trovare accoglienza negli altri centri appositi dislocati su tutto il territorio nazionale.
Così lunedì 29 febbraio ha avuto inizio la distruzione delle prime costruzioni della Giungla; ma la gente che ci vive non l’ha presa molto bene. Infatti, seppure in un primo momento la situazione sembrava tranquilla, ad un certo punto si è solleva una protesta contro gli operai che erano al lavoro, e contro i circa duecento agenti di Polizia incaricati di vegliare sul corretto svolgimento dell’operazione. Moltissimi migranti infatti temono che il loro spostamento in un altro luogo possa rendere più difficile poter effettuare il tanto agognato attraversamento della Manica e quindi allontanare anche la possibilità di poter arrivare in Inghilterra. La gente non se ne vuole andare. Secondo stime ufficiali nella Giungla di calasi doverebbero vivere circa mille persone, ma verosimilmente il loro numero è molto maggiore. Negli scontri di inizio febbraio hanno partecipato anche dei gruppi di attivisti No Border, e la guerriglia si è protratta per l’intera giornata: solo dopo le 20:00 della sera la situazione è tornata a calmarsi. Cinque agenti sono rimasti lievemente feriti e quattro persone sono state fermate. Nel corso della giornata gli operai sono riusciti a smantellare 10 baracche, mentre i residenti stessi hanno dato fuoco ad altre 12 negli atti di guerriglia. La protesta dei migranti non si è limitata alla sola Giungla: un gruppo di 150 persone si è infatti diretto verso l’autostrada dove ha tentato di bloccare il traffico scagliando dei sassi contro le automobili dirette verso il porto. Il giorno seguente, martedì primo marzo, le operazioni di sgombero sono però riprese regolarmente e a questo punto la protesta ha assunto un altro volto. Infatti alcuni degli ospiti della Giungla si sono fatti riprendere e fotografare da reporter e giornalisti con le bocche cucite, a simboleggiare il muro di silenzio che ritengono si sia levato contro una violazione dei diritti umani. Alcuni dei rifugiati intervistati dicono infatti che le condizioni di vita alla Giungla sono peggiorate da quando è iniziato lo sgombero. Ad oggi è stato liberato un ettaro di terreno e ne restano altri sei da liberare dalle baracche; il tribunale di Lille, che ha dato il via alle operazioni, ha però determinato anche che dovranno essere preservati i luoghi di aggregazione e di interesse sociale e culturale.