Oggi esce al cinema il film documentario diretto da Chad Gracia ”Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpeck”. Questo racconta la difficile vita di Fedor Alexandrovic, artista ucraino colpito da quell’incidente terribile avvenuto in terra ucraina quando lui aveva solo quattro anni. In questo documentario ci si interrogherà su Chernobyl e sui possibili collegamenti con la Duga da cui prende proprio il titolo il film. Questa era un’antenna che mandava alle radio di tutto il globo terrestre il segnale chiamato ”Russian Woodpeck”. Clicca qui per il trailer italiano di Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpeck.



Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker è un film documentario diretto dal regista Chad Gracia al suo debutto nella realizzazione di un lungometraggio. Nel 2015 quest’opera ha vinto il prestigioso ”Gran Premio della Giuria” al Sundance Film Festival, concorso cinematografico dedicato al cinema indipendente. 



Fedor Alexandrovich è un artista ucraino nato nel 1982. Ha soltanto quattro anni, quindi, quando nel 1986 a Chernobyl (città dell’Ucraina Settentrionale, all’epoca ancora annessa all’Unione Sovietica) dalla centrale nucleare V.I. Lenini è fuoriuscita una nube radioattiva tossica che ha contaminato per i decenni a venire tutta l’area circostante. Le proporzioni di questo disastro sono ancora da definire: infatti pare che i suoi effetti avranno ripercussioni sulla salute e sulla fertilità delle prossime generazioni. Fin da subito la responsabilità è stata attribuita all’errore umano e alla negligenza del personale della centrale: sarà proprio così? Secondo Fedor Alexandrovich, che a causa del disastro nucleare ha dovuto abbandonare la propria casa e che si è sentito discriminato come ”radioattivo” per tutta l’infanzia, non si è affatto trattato di un incidente: sono anni che il giovane artista ipotizza una connessione tra l’esplosione e la Duga, enorme antenna progettata dalla Russia il cui scopo era quello di intercettare le telecomunicazioni provenienti dall’Occidente e di tramutarle in propaganda in favore dello stile di vita sovietico. È proprio il suo caratteristico ticchettio che le è valso il soprannome di ”Russian Woodpecker” (letteralmente picchio russo). Profondamente convinto della responsabilità sovietica in questa terribile tragedia che ha colpito il popolo ucraino, Fedor Alexandrovich non molla e prosegue nella sua ricerca dei colpevoli: li vuole identificare sia perché siano costretti a pagare per le proprie responsabilità sia perché non possano macchiarsi di ulteriori crimini in un prossimo futuro. Il documentario, infatti, si può contestualizzare all’interno della rivoluzione ucraina avvenuta nel 2014 in cui il potere filorusso è stato sfidato da movimenti tanto politici quanto popolari.

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