La scorsa settimana il Governo era pronto a intervenire con una significativa modifica per quanto attiene alle regole sui voucher lavoro. Lo scopo – questa l’intenzione dichiarata – era quello di evitare “irregolarità” e “aggiramenti della norma”. Intenzione per ora disattesa, ma rimaniamo in attesa. E rimane il fatto che tutti in qualche modo abbiamo avuto a che fare con i voucher, vuoi per le ripetizioni di latino ai nostri figli o perché ci siamo generosamente prestati a tagliare l’erba del giardino del vicino allergico alle graminacee.
Comunque, come spiega lo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo, “i voucher lavoro, o buoni lavoro, erogati dall’Inps, sono modalità di pagamento per lavori occasionali o discontinui; in pratica, un metodo per rendere regolari situazioni che potrebbero essere considerate lavoro nero. Si chiamano voucher perché la chiamata al lavoro dipende dal “tono di voucher”: può avvenire “a bassa voucher” (te lo sussurro, preferibilmente in un orecchio) o “ad alta voucher” (ti invito a lavorare con tono stentoreo)”.
Sta di fatto che questi buoni lavoro, utilizzabili nei più svariati campi e in plurime attività, si sono rapidamente diffusi in tutta Italia. Il Governo sospetta che il loro utilizzo massiccio abbia favorito situazioni di irregolarità nel mercato del lavoro; i sindacati sono convinti che abbiano incentivato nuove forme di precarietà. Il nostro vicino di giardino che non sopporta erbe, erbette ed erbacce è convinto che “non si devono fare di tutte le erbe, cioè di tutti i voucher, un fascio”. Chi ha ragione? Noi non lo sappiamo, siamo solo simpatici umoristi un tantino sfaccendati, mica degli ispettori del lavoro. Quel che sappiamo è che i voucher hanno dato vita, forse loro malgrado, a una serie di nuovissimi “lavori a chiamata”, alcuni dei quali sponsorizzati addirittura dai vari ministeri. Sarà questo il motivo per cui il Governo ha rinviato le modifiche? Giudicate voi.
Break entertainer. Altrimenti detto “intrattenitore di spettatori durante gli intervalli” di film, concerti ed eventi mondani di vario genere che necessitino di una pausa… attiva! Una valida alternativa ai troppo scontati popcorn e cocacola, nemici giurati del colesterolo. Nel caso voleste cimentarvi, provateci con il semplice apporto di un’arpa e un amico: uno di voi accennerà, in punta di dito, a dolci e concilianti armonie melodiche, l’altro attraverserà il palco (a mo’ di ring girl, le avvenenti ragazze che indicano il numero dei round negli incontri di boxe) mostrando cartelli con immagini e nomi delle più belle città d’Italia, in perfetto stile Raitivù anni 60. Questo mini-job è molto apprezzato (e caldeggiato) dal ministero dei Beni culturali.
Acceleratore di stalagmiti. La stalagmite, formazione calcarea colonnare che risale dal pavimento di una grotta ed è prodotta dal gocciolamento dell’acqua che deposita strati successivi di minerali, ci dà l’opportunità di fare qualche considerazione al volo: 1) in Italia ci sono grotte a frotte; 2) secondo le ultime statistiche, otto italiani su dieci fanno uso di collirio; 3) le stalagmiti attirano turisti; 4) una stalagmite, senza aiutini, ci mette secoli a formarsi; 5) questo spreco di tempo, dovuto soprattutto alla sistematica mancanza di iniziativa da parte dello Stato (ma anche dei privati), si traduce in mancati incassi per il già povero Erario. Ergo, accelerare la crescita delle stalagtiti, a opera di nuovi professionisti, dotati di apposite confezioni multidosi di uno speciale collirio calcareo e capaci di un lavoro preciso, pulito ed ecologico, avrà effetti benefici sul Pil. Questo lavoro a chiamata è caldamente suggerito dai ministeri dell’Ambiente e dell’Economia. Con un’avvertenza: evitate scriteriate iniziative riguardanti le stalattiti. Temiamo non ne valga la pena!
Separatore di rissaioli. Non è una novità che gli italiani amino schierarsi, e che gli schieramenti spesso provochino accesi litigi (la tv in questo è maestra, e l’audience sale): dal pianerottolo di casa allo sguardo malandrino nei confronti di una donna, dalle code nel traffico all’uscita dalle discoteche e dagli stadi. Soprattutto dalle situazioni di ressa è facile scivolare in rissa (basta cambiare una vocale, che problema c’è?). Urge quindi dividere i litiganti in maniera del tutto professionale, magari con l’istituzione di un apposito Albo degli SdR, Separatore di Rissaioli, appunto. Caratteristiche richieste: il bello, una volta tanto, è che bisogna essere brutti, possibilmente anche molto grossi (ma molto!) e manifestamente ed eccentricamente tatuati. L’alitosi e il fetore ascellare costituiscono un requisito preferenziale. A questo mini-job tengono tantissimo i ministeri dell’Interno e della Giustizia.
Giudice di pece. È noto che in Italia si costruiscano pochi ponti e altrettante poche strade. Mettere mano a quelle che in burocratese vengono definite “grandi opere”, forse per via del criterio di assegnazione al prezzo più basso, significa spesso incappare in aziende dove l’improvvisazione la fa da padrone e i materiali sono oltre modo scadenti. A tal riguardo, il ministero delle Infrastrutture ha fatto propria l’iniziativa di lanciare un nuovo lavoro a chiamata: il cosiddetto “Giudice di pece”, il cui compito precipuo è seguire e regolare il processo di realizzazione del bitume e del catrame. Doti richieste? Una sola: sapere che il bitume, a differenza del catrame, appartiene alla categoria dei materiali bituminosi, e viceversa (per essere chiari: il catrame, a differenza del bitume, appartiene alla categoria dei materiali catramosi).
P.S.: A gran voucher ci fanno sapere che lo spazio di questa settimana è esaurito. Ma altri nuovissimi lavori ci aspettano. A martedì prossimo!