Nella terza “puntata” della saga di Don Camillo e Peppone – Don Camillo e l’Onorevole Peppone – che andrà in onda questa sera su Rete 4 non possiamo non segnalare una delle scene più belle dell’intera storia di questi due personaggi geniali e commoventi, oltre che di uno spasso senza tempo, che il mitico Giovannino Guareschi ha immortalato nei suoi romanzi e che vari registi hanno poi portato con estremo successo al cinema. Verso la fine, quando il Sindaco Peppone ha deciso, in cuor suo non proprio serenamente, di andare a Roma a fare il deputato, ad salutarlo alla stazione compare Don Camillo, nemico e rivale di mille battaglie nella piccola Brescello. Peppone sul treno assiste al monologo tra i più commoventi dell’intero cinema di Don Camillo. «Siete tranquillo dunque che andate a Roma a fare la pallina nell’urna e rimanere un anonimo? Non vi rendere conto di cosa lasciate qui? Un lavoro che vi fa divertire, una moglie e una famiglia che “avete venduto” per un posto a Roma?? E soprattutto abbandonate me. Ora chi vi tirerà un cazzotto in testa quando ve lo meritate, cioè più o meno una volta al giorno». Peppone infuriato chiude la tendina e se na va insieme al treno ma… la sorpresa arriva, con Don Camillo radioso come non si era mai visto. Per scoprire cosa è successo, clicca qui per il video della scena.



Il 4 maggio, su Rete 4, sarà trasmesso Don Camillo e l’onorevole Peppone, una pellicola tratta da alcuni dei romanzi di Giovannino Guareschi e diretta nel 1955 da Carmine Gallone, a differenza dei primi due atti della saga, che avevano visto in cabina di regia Julien Duvivier. La vicenda, narrata nell’arco di oltre un’ora e mezzo, è ambientata nel 1948 a Brescello, il piccolo centro emiliano in cui vivono Peppone (Gino Cervi), il maggior esponente comunista della zona e Don Camillo (Fernandel), il sanguigno prete che non esita a combattere in ogni modo il suo avversario politico. Le icone dell’Italia del dopo Guerra, dalla penna geniale e commovente di Guareschi, chiunque nel ultimi sessant’anni, almeno una volta, ha visto l’intera serie di Don Camillo appassionandosi alle vicende di Brescello di quell’incontro-scontro tra l’Italia cattolica e impegnata e il socialismo più schierato ma anche più malleabile in una sana vita in comune. Il terzo film della saga non tiene testa ai primi due capolavori e questa sera, alle 21.15, l’appuntamento è di nuovo da non perdere.



In questo Don Camillo e l’Onorevole Peppone, la storia si apre con la consueta rivalità, la loro, sempre più pronunciata e che rischia di diventare infuocata a causa della concomitanza con le elezioni politiche, in cui proprio Peppone concorre per l’entrata in Parlamento, in qualità di senatore. Una proposta, quella fatta dal Partito Comunista, che fa ampiamente capire la grande popolarità da lui goduta anche in qualità di sindaco della località. Proprio per poter concorrere alla carica, però, Peppone deve superare l’esame di quinta elementare per poter avere i requisiti necessari all’eleggibilità, con esiti abbastanza imbarazzanti, che comunque non saranno da ostacolo alla definitiva promozione. In questo quadro Don Camillo si diverte quindi ad organizzare una serie di sabotaggi ai danni del suo rivale, come il ritocco dei grandi manifesti elettorali commissionati in precedenza da Peppone, ritoccati con l’aggiunta di barba e baffi, oltre ad una terza narice, proprio con l’evidente fine di metterlo in ridicolo. Come gesto di rappresaglia di fronte a quella che viene vista come una vera provocazione, Peppone fa quindi rapire dai suoi compagni i polli di don Camillo, che finiranno a fare da cornice ad una cena dei comunisti di Brescello. Quando però tra Peppone e la segretaria federale Clotilde (Claude Sylvain) sembra ormai pronta a sbocciare una storia d’amore, il parroco decide di mettere da parte la politica e adoperarsi perché la famiglia del rivale non si decomponga. Di fronte alla clamorosa fuga della moglie Maria (Leda Gloria), arrabbiata di fronte al comportamento di Peppone e intenzionata a ritornare dalla madre in bicicletta, la coppia si mette insieme per raggiungerla e dissuaderla dal proposito alla guida di un sidecar.



Il tutto finisce come al solito in farsa, con Peppone costretto a sua volta ad inforcare la bicicletta, mentre il parroco e Maria tornano a Brescello con il motoveicolo. Dopo questo episodio, però, i due tornano al consueto rapporto fatto di beffe clamorose, come quella tentata da Don Camillo durante un comizio di Peppone, in cui riesce a mettere la Canzone del Piave, inducendo sentimenti patriottici nella folla, tanto da indurre il rivale a mutare del tutto il taglio del suo discorso sino a dichiararsi monarchico e patriottardo. Quando arrivano i risultati delle politiche, se da un lato Peppone è sconfortato per l’esito che ha visto prevalere la Democrazia Cristiana sul Partito Comunista, dall’altro può inorgoglirsi per aver avuto le preferenze necessarie al fine di ottenere uno scranno senatoriale. Di fronte al dilemma se recarsi a Roma e iniziare una carriera parlamentare che potrebbe portarlo ancora più lontano, oppure restare a casa in qualità di sindaco, inizialmente opta per la capitale. Partito in direzione di Roma, con il treno, però, la freddezza con cui è stato accolto da Clotilde e il discorso fattogli da Don Camillo durante una fermata presso la stazione di Boretto lo convincono a tornare sui suoi passi, anche perché capisce che in Senato sarà solo uno dei tanti, a differenza di quanto potrebbe avvenire restando nel suo paese. Il film termina così con Peppone e Don Camillo in bicicletta verso casa, coi ripetuti sorpassi dell’uno ai danni dell’altro, per poi aspettarlo, a far capire come in fondo, nonostante le continue baruffe, la coppia sia inscindibile.