Si è chiuso martedì a Bologna il 72° Congresso internazionale della Fiaf (22-28 giugno 2016), ospitato dalla Cineteca di Bologna in occasione del Festival “Il Cinema ritrovato”, che prosegue con grande successo di pubblico fino a sabato 2 luglio. La Federazione internazionale degli archivi del film, alla quale aderiscono oltre 70 cineteche e numerosi archivi affiliati, si occupa dal 1938 della conservazione del patrimonio cinematografico mondiale. L’evento più importante del congresso, aperto anche al pubblico degli appassionati e degli studiosi, è stato il Simposio (25-26 giugno) ospitato nel Palazzo di re Enzo e diviso in tre sessioni e una sezione speciale: 1) una nuova vita per il cinema del passato; 2) il futuro della conservazione del film e dell’accesso alle cineteche; 3) il futuro del cinema: le sale cinematografiche; 4) The Reel Thing: esempi concreti di restauri realizzati.



Mentre i primi tre giorni del Congresso sono stati dedicati all’assemblea generale e alle riunioni delle commissioni tecniche della Fiaf e gli ultimi due giorni a incontri con studenti e alle visite organizzate del Museo del Cinema di Torino, della Rimini di Fellini, della Cineteca di Bologna e del laboratorio l’Immagine ritrovata, i due giorni del Simposio sono stati occasione di dibattiti, conversazioni, tavole rotonde attraverso le quali fare il punto sullo stato dell’arte della conservazione e del restauro. 



Sorprendente la soluzione, illustrata dai tecnici della Nfc di Tokyo, mediante la quale le pellicole a colori, recentemente restaurate, dei film più importanti di Ozu potranno essere conservate per 2900 anni, quindi fino al 5000 d.C. L’intervento di maggior successo, però, è stato senz’altro quello di Jayson Wall, della Disney Company, che ha parlato del recupero degli Scopitones, film musicali in technicolor 16-35 mm, della durata di non più di tre minuti, che, tra il 1964 e il 1970, potevano essere visti su speciali juke-boxe (la versione italiana si chiamava Cinebox). Con grande divertimento dei congressisti, Wall ha proiettato sette Scopitones in ognuno dei quali attrici famose come Debbie Reynolds o crooner come Buddy Greco cantavano versioni piuttosto ritmiche di “If I had a hammer” (Datemi un martello) o “The lady is a tramp”, circondati da un coro di ballerine super maggiorate in bikini che agitavano tutto l’agitabile.



Al termine del Simposio, al teatro comunale di Bologna, è stato consegnato ai fratelli Dardenne “The silver can”, il premio Fiaf attribuito ai registi particolarmente impegnati nella conservazione e diffusione del patrimonio cinematografico mondiale (non casualmente il primo a ricevere questo premio è stato Martin Scorsese). The silver can è una riproduzione in argento massiccio di una scatola per la conservazione dei film ed è ricavata, interamente, dai sali d’argento residui della lavorazione delle pellicole utilizzate dal laboratorio di restauro della Cineteca del Messico. 

Luc Dardenne, palesemente commosso, ha concluso il suo breve discorso discorso con queste parole che dimostrano l’importanza del lavoro della Fiaf: “Il cinema è l’arte che ha registrata la vita quotidiana del ventesimo secolo, il secolo del disprezzo della vita. Contro questo disprezzo ci sono le immagini vive del cinema che si oppongono al nichilismo, all’odio e alla morte. Grazie agli amici della FIAF perché conservano per tutti la memoria del cinema della vita, perché mantengono vivo il cinema. Grazie dell’onore che ci hanno fatto premiandoci. Lunga vita al cinema!”.

Le conclusioni del Simposio possono essere sintetizzate efficacemente dall’ultimo intervento, prima della sezione speciale The Reel Thing, di Gianluca Farinelli, il quale, estraendo di tasca il cellulare e mostrandolo al pubblico dei congressisti ha detto: “Faccio una profezia di cui sono certo. Tra cento anni questo smartphone non si sarà più, ma il cinema ci sarà”. 

La conclusione più emozionante, però, è stata proprio quella contenuta nell’ultimissimo intervento, quello di Mark Cosgrove di Bristol. Invitato a parlare come inglese da Claude Poiroux, che presiedeva la seduta, ha fatto presente, sommerso dagli applausi, di essere scozzese e, quindi, europeo. Poi ha esposto con passione la sua applauditissima tesi che il futuro del cinema è il suo passato (l’intervento, purtroppo solo in inglese, può essere letto qui).