Esiste un mondo dove vivono gli orchi, un mondo in rovina che deve essere abbandonato. Si chiama Dreanor e i suoi abitanti, guidati dal malvagio tiranno Gul’dan, varcano un portale che li conduce nel regno di Azeroth, dove sperano di trovare una nuova casa. Accade in Warcraft – L’inizio, il film di Duncan Jones adattato dal gioco strategico in tempo reale di Blizzard Entertainment del 1994, il primo capitolo di una saga avventurosa che cerca di costruire un nuovo immaginario fantasy nell’era del successo de “Il Trono di Spade”. 



La storia prosegue mostrando i conflitti e i pericoli che gli orchi portano nella terra da colonizzare, mentre Gul’dan esercita il suo potere sfruttando il Vil, una magia arcana e terribile che succhia la vita degli esseri viventi. I malcapitati sono gli uomini, fatti prigionieri e usati per nutrire la forza del tiranno. Azeroth è da tempo in pace e non è pronto ad affrontare la minaccia degli orchi: nel reame di Roccavento, la cui architettura mescola  il Medioevo e le location de Il Signore degli Anelli o Lo Hobbit, re Llane Wrynn deve affrontare la minaccia e raduna un esercito, contando sull’aiuto del coraggioso Aduin Lothar (Travis Fimmel) e sul Guardiano Medivh (Ben Foster), la cui magia ha sempre protetto il regno. 



Il confine tra i buoni e i cattivi, tuttavia, è meno netto di quanto si pensi: lo dimostra Garona, orchessa mezza umana che aiuta il re, e il Guardiano, segretamente corrotto dal Vil che lo trasforma in un demone terribile a cui si oppone il giovane mago Khadgar, interpretato da Ben Schnetzer. 

A differenza delle altre saghe fantasy, in Warcraft il centro della storia è la guerra: tra uomini e orchi, all’interno del popolo stesso degli orchi e tra poteri magici opposti. Si cerca di rendere sottile il confine tra Bene e Male, anche se i personaggi che, in teoria, dovrebbero essere i più tormentati – come il Guardiano – emergono solo a metà. 



Le scene sono spettacolari, aiutate dall’uso massiccio della tecnologia che annulla il confine tra ciò che è realizzato in CG e ciò che non lo è. Montagne innevate riprese dall’alto (immagini che sembrano “rubate” ai film di Jackson), salti nel vuoto, scudi protettivi e scontri tra gli orchi che ricordano quelli tra gli antichi gladiatori sono elementi con cui si cerca di impressionare lo spettatore, proponendogli un mondo fantastico che si ispira a modelli diversi.

Se dal punto di vista tecnico il film può dirsi riuscito, il piano narrativo lascia molto a desiderare. I personaggi non hanno lo spessore degli eroi delle migliori saghe fantasy e la loro psicologia è appena abbozzata. Le sequenze action si susseguono senza sosta, eppure mancano il senso dell’avventura e quel respiro epico che potrebbe dare alla storia una dimensione in più, aggiungendo all’azione l’emozione. 

Ai videogame si ispira il design degli orchi, creature che potrebbero offrire lo spunto per una nuova mitologia, ma gli esseri umani – agghindati come cavalieri delle fiabe – e i maghi sono troppo deboli per risultare davvero interessanti. Tra cavalcate in sella a destrieri volanti, fonti magiche, portali e neonati affidati alle acque, man mano che la storia procede ci si trova a indovinare cosa accadrà nella prossima scena e ad anticipare la fine del film. 

In realtà, un colpo di scena rilancia la posta in gioco, ma basta a creare la curiosità sul seguito? Forse sì, perché gli appassionati del genere vorranno scoprire come si evolverà lo scontro/incontro tra uomini e orchi. Rimane però una sensazione di freddezza, forse perché – al di là dell’intrattenimento – manca un substrato letterario in grado di dare ai personaggi ciò di cui hanno disperatamente bisogno: la profondità psicologica e la verità dei sentimenti, al di là di ogni invenzione fantastica.