Il film Spaghetti House, alla sua uscita, è stato criticato soprattutto dalla stampa inglese per un presunto pressapochismo con il quale, secondo alcuni critici, era stato trattato il tema dell’emigrazione verso l’Inghilterra. Una parte della critica ha comunque ben apprezzato l’ironia di Manfredi, che seppur non abituato ai “ruoli drammatici” riusciva con la sua ottima interpretazione a trattare un tema ricorrente nel passato, reso attuale anche ai giorni nostri dalla grande presenza di persone italiane, in una delle città più grandi d’Europa. Le location del film sono state prevalentemente italiane, con buona parte della pellicola girata presso gli studi di Cinecittà, al cui interno è stato ricreato il ristorante italiano, dove i cinque camerieri lavoravano. 



Spaghetti House è un film drammatico di produzione italiana datato 1982. La pellicola che è stata affidata alla direzione di Giulio Paradisi, esplora le vicissitudini di un gruppo di emigranti del bel paese, e si avvale dell’interpretazione di attori del calibro di Nino Manfredi, Leo Gullotta e Sandro Ghiani. La produzione del lavoro cinematografico è stata affidata a Fernando Ghia, mentre le musiche sono state realizzate da Gianfranco Plenizio: oggi, giovedì 9 giugno 2016, il film verrà trasmesso su Rai 3 nel pomeriggio, a partire dalle 15.50. Andiamo a vedere nel dettaglio la trama.



La storia analizza la vita di un gruppo di emigranti italiani nella grande Londra degli anni 80. I cinque (Domenico, Salvatore, Efisio, Valentino e Biagio), oltre che colleghi nello stesso ristorante italiano, diventano pure amici tra di loro, nelle loro teste si fa strade l’idea “dell’indipendenza assoluta”, indipendenza che passa dalla creazione di una società, che ha come fine ultimo l’apertura di un ristorante di proprietà. Quattro degli amici sono molto convinti e fanno di tutto per portare “dalla loro parte” anche Salvatore, il quale vuole impiegare i risparmi accumulati per tornare nel suo paese, in Sicilia. La gioia e la sicurezza degli amici convince anche Salvo, che alla fine acconsente a seguire i progetti dei compagni di avventura. La sera in cui i cinque amici sono riusciti a raggiungere tutti i risparmi, avviene però un imprevisto. Dopo aver scelto il nome del nuovo locale, “la Bell’Italia”, entrano un gruppo di africani armati che cerca di rapinare tutti i risparmi ai neo imprenditori. Il capo della banda di rapinatori è un africano, che poche ore prima aveva litigato con Salvatore. La rapina non riesce stante l’intervento del commercialista, che era nel locale per ritirare i soldi allo scopo di operare le incombenze burocratiche legate alla nuova apertura. Il professionista riesce infatti a fuggire con i soldi. Nel parapiglia che ne segue anche il gruppo di italiani si dà alla fuga, seguiti immediatamente dai rapinatori che cercano di scappare alla polizia immediatamente sopraggiunta. La fuga non inizia neppure, in quanto il gruppo invece di attraversare la porta dell’uscita secondaria si rifugia nel magazzino, e lì vene bloccato dalla polizia. La rapina di fatto si tramuta in un rapimento, con i rapinatori che spaventati dal parapiglia cretosi si spacciano per terroristi. L’affermazione fa salire di livello il reato, sul posto infatti intervengono le forze speciali inglesi, che preoccupati dall’azione assumono il comando delle operazioni e preparano un blitz. La pellicola continua con la mediazione di polizia all’esterno e degli ostaggi all’interno. Tutti sono preoccupati dal blitz che potrebbe rivelarsi molto sanguinoso, l’azione che appare inevitabile viene scongiurata grazie alla liberazione di un ostaggio. Dopo qualche ora passata in una situazione di stallo, il capobanda capendo che per lui non c’è più nulla da fare prova a suicidarsi, sparandosi con la propria arma, ma non riuscendo nell’intento. Di fatto la banda si arrende, gli ostaggi sono liberi, i rapinatori tutti arrestati. L’epilogo della drammatica vicende vede la condanna del capo banda a 21 anni di carcere, nulla ha potuto Domenico, che nonostante la sua testimonianza non riesce ad evitare il carcere a colui che alla fine era diventato “suo amico”, un amicizia che durerà anche negli anni delle detenzione.

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