Siamo nel bel mezzo di queste avvincenti Olimpiadi di Rio e il mio pensiero è andato a un film uscito esattamente 35 anni fa: Momenti di gloria. Si tratta di un’opera entrata nella storia grazie alla sequenza iniziale in cui si vede la squadra di velocisti dell’Inghilterra mentre si allena su una spiaggia bianca con il sottofondo della musica composta da Vangelis, colonna sonora che gli permise di vincere l’Oscar. 



Il film racconta la storia vera dell’amicizia-rivalità di due studenti di Cambridge che si allenano in preparazione delle Olimpiadi di Parigi del 1924. Il primo si chiama Harold Abrahams ed è figlio di un ricco commerciante ebreo e desidera primeggiare nella gara dei 100 metri come occasione di rivalsa verso i tanti pregiudizi che la sua stirpe deve subire. Il secondo è un fervente cristiano, di nome Eric Liddell, e corre perché lo ritiene un modo per rendere gloria a Dio con la sua vittoria. Nonostante la profonda differenza tra i due velocisti nascerà tra loro una profonda amicizia basata sul rispetto dell’altro e sulla grande passione per lo sport. 



Nel corso del film vedremo come l’intelligenza laica di Harold (pur essendo ebreo infatti non è credente) si applicherà alla famosa sfida dei 100 metri. L’obbiettivo infatti è di primeggiare riuscendo a battere i temibili avversari americani e per far questo Harold sarà disposto a pagare di tasca propria un esperto allenatore straniero che gli insegnerà a usare anche la testa oltre che le gambe quando corre.

Eric invece ha un approccio allo sport totalmente diverso. In primis lui è un talento naturale e in secundis non è disposto a far di tutto per vincere perché il suo vero scopo è testimoniare la sua fede in Dio. Questa sua fervente fede complicherà la situazione proprio durante i giorni delle Olimpiadi a Parigi perché verrà a sapere che la sua gara si sarebbe svolta di domenica, giorno che lui da sempre consacrava a Dio tralasciando lo sport e il lavoro.



Proprio in questo punto, in cui la trama si infittisce e su cui nascerà uno scontro tra il freddo Harold e anche i reali inglesi contro Eric che si rifiuta di correre, preferisco interrompere la descrizione della trama per non togliere il gusto della visione a chi deciderà di andare a vedere il film. Quello che desidero riprendere invece è il tema accennato all’inizio: pur in un confronto serrato i due atleti, così diversi sotto tanti aspetti, saranno testimoni di un’amicizia franca, ma battagliera.

L’altro importante aspetto che si trova è la grande passione per lo sport e soprattutto la fatica, il lavoro e i sacrifici che stanno dietro a ogni disciplina, anche  quella più apparentemente elementare come la corsa. Durante il racconto, infatti, sono tratteggiate con estrema cura e realismo le tante paure, sfide e difficoltà che i due protagonisti dovranno superare per essere degni di rappresentare la loro nazione di fronte al mondo e tutto questo viene fatto senza mai scadere in un banale patriottismo o volendoli tratteggiare come dei super-uomo. Proprio grazie alla delicatezza e profondità delle descrizioni dei due protagonisti è dovuto probabilmente l’Oscar come miglior film. 

Si può essere fieri senza essere orgogliosi e la prima qualità che deve avere un vero sportivo è l’umiltà di rimettersi in gioco per poter migliorare anche solo di un decimo di secondo la sua prestazione, perché potrebbe essere quello che lo separa dalla vittoria. Forse è proprio guardando la passione e l’umiltà che stanno dimostrando i tanti ragazzi italiani in queste intense giornate a Rio che mi sono ricordato questa pellicola e a loro va l’ultimo pensiero di questo mio articolo: che anche loro come i due amici, Eric e Harold, possano vivere momenti di gloria!