Gli amori sbagliati possono spesso costringere a vivere situazioni imprevedibili e decisive per il proprio futuro, tanto che in molti casi sfociano in un reato. Anni di violenze e di abusi o anche di oppressioni, donne che preferiscono tacere e soffrire nel silenzio, nella paura di dire qualsiasi cosa. E’ la storia di Antimina Cesarano, aggredita dal proprio fidanzato nell’agosto di tre anni fa ad Osimo, in provincia di Ancona. E’ mattino presto quando Antimina esce di casa per andare al lavoro, ma non sa che l’uomo si è nascosto nell’ombra e la sta aspettando. Quando la donna lo vede è ormai troppo tardi e l’aggressore estrae un coltello di 20 centimetri, ferendola poi al petto ed infine attaccandola alla gola. Non ci sono dubbi sulla premeditazione, secondo il pm che si è occupato all’epoca della vicenda, e sul fatto che la comparsa della sorella e della nipote di Antimina Cesarano sulla scena del crimine sia stata cruciale. E’ infatti a causa loro che l’uomo si mette in fuga e che l’abbandona sul posto, quasi in fin di vita. Quindici anni investiti in una relazione sbagliata, riferisce la donna, sopravvissuta, ad Ancona Today. Quindici anni di molestie, derisioni, isolamento, ossessione e soprattutto violenza, sia fisica che psicologica ed alla fine anche economica. Il fidanzato infatti impediva alla donna di poter essere indipendente e le sottraeva anche i pochi risparmi che aveva. Un episodio non semplice, che si è concluso questa volta con un omicidio mancato, ma che ha sottratto anche grande parte della personalità di Antimina Cesarano. Non passa giorno infatti senza che si identifichi con la vittima di un femminicidio e che capisca quanto sia stata fortunata. “L’unica cosa che ricordo”, afferma Antimina”, “è che pochi giorni prima dell’aggressione, in una delle sue esplosioni di ira, mi versò addosso una bottiglia d’acqua per non picchiarmi. Avevo cominciato a temere qualche schiaffo, ma mai un’aggressione vera e propria”. 



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