Difficile non emozionarsi di fronte ad un documentario-film che testimonia un pezzo importante della vita politica e sociale del nostro Paese. Libero Grassi, imprenditore tessile siciliano, è stato ucciso dalla Mafia il 29 agosto 1991 per la sua opposizione pubblica al sistema mafioso locale, fino ad allora coperto da una diffusa omertà. Tutti hanno sempre pagato il pizzo in silenzio a Palermo e non solo. Libero non ci sta e decide di opporsi. Lo fa con una lettera pubblica al Giornale di Sicilia e con diverse apparizioni televisive importanti. La Mafia lo prende di mira, è una pedina da eliminare in un gioco che rischia di diventare pericoloso. A 25 anni dalla tragedia che ha preceduto le morti di Borsellino e di Falcone, rimane la commozione per un coraggio straordinario proseguito nel tempo anche dai figli di Grassi, che non si sono piegati alla logica della Mafia. Del resto i due, come evidenziato dal docu-film, hanno portato avanti il messaggio del padre per il quale se si combatte a testa alta e non ci si arrende, alla fine si vince. E Libero ha vinto. La sua vita è stata spezzata, ma non la sua anima. La sua esperienza, la sua vita e il suo coraggio, così umile e forte allo stesso tempo, hanno contribuito a rendere l’Italia un posto più libero. Apprezziamo il montaggio del docu-film, che ha sapientemente coniugato i due generi, perfettamente compenetratisi offrendo una cronaca impeccabile di tutti gli eventi narrati. Un plauso anche agli attori, perfetti interpreti dello spirito di Libero Grassi e di coloro che lo hanno circondato. Resta l’amaro in bocca per una morte così ingiusta, come quella di tanti altri che non si sono arresi al Male. E alla fine hanno vinto comunque. Per il futuro, per la giustizia, che vale sempre la pena perseguire.