Approda nelle sale italiane, giovedì 15 settembre 2016, Mr. Gaga, l’ultimo film del regista israeliano Tomer Heymann. Si tratta di un documentario autobiografico sulla vita del ballerino e coreografo israeliano Ohad Naharin, che interpreta se stesso. La pellicola, che dura 100 minuti, è frutto di una coproduzione tra Israele, Svezia, Germania e Paesi Bassi. Ohad Naharin è un coreografo israeliano, noto a livello internazionale per aver inventato la tecnica del Gaga. La trama del film inizia nel 1952, anno di nascita del ballerino che ha passato gran parte della sua infanzia in un kibbutz (una comunità di lavoratori israeliana), crescendo insieme a suo fratello gemello che, si scoprirà, è affetto da autismo. Quando ha appena pochi anni, la mamma lo iscrive a una scuola di ballo e Ohad si dimostra subito un bambino prodigio. La tecnica del Gaga nasce, inizialmente, proprio come un metodo di comunicazione, per raggiungere attraverso i movimenti del corpo la mente lontana del fratello. La storia è raccontata facendo ampio ricorso anche a filmati personali del ballerino e coreografo, che sono mescolati con delle parti più strettamente documentaristiche. Il punto di svolta arriva a vent’anni, quando il ballerino lascia Israele per inseguire il sogno della danza a New York, ma passano pochi anni e decide di sfidare tutti fondando la sua compagnia. Tra i momenti più avvincenti del film, un episodio del 1998 che ben rappresenta il carattere del protagonista: si celebravano i 50 anni dalla nascita di Israele e Naharin rifiuta di rappresentare un suo balletto in segno di protesta e in nome della libertà di espressione, perché l’allora presidente gli aveva chiesto di vestire i ballerini che in una scena del balletto rimanevano letteralmente in mutande. Ohad Naharin oggi è il direttore della Batsheva Dance Company, il più grande coreografo israeliano vivente. Con questo film, Heymann fa entrare lo spettatore direttamente a contatto non solo con il background di questo artista, ma anche con la sua psiche. 



Alcune parti del film sono tratte da centinaia di ore di registrazioni di vita privata, prove e balletti, concessi dallo stesso artista al regista. Heyman ha raccontato di aver visto un balletto di Ohad quando era ancora un bambino e di essere cresciuto, da allora, con l’ossessione di fare un film su di lui. Ci sono voluti non pochi anni e molta insistenza: per tanto tempo il coreografo si è rifiutato di far entrare Heyman nella sua scuola di danza con la videocamera. E anche all’inizio delle riprese, pare che più volte abbia sospeso il lavoro e cacciato via la troupe. In uno dei passaggi meglio riusciti del film, il protagonista intreccia la storia del suo Paese con quella della sua personale ricerca e arriva ad affermare che quasi non c’è differenza tra piangere la scomparsa di una persona cara e ballare.

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