Nel film Trafficanti, David Packouz vive a Miami con la moglie. Pressato dalle difficoltà economiche e da un figlio in arrivo, decide di accettare un lavoro da un vecchio compagno di scuola, Efraim Diveroli. Con lui dovrà vendere armi, aggiudicandosi contratti ottenuti partecipando alle aste pubbliche che il governo degli Stati Uniti, durante l’era di George W. Bush, riservò ai piccoli commercianti.



La nuova attività imprenditoriale sembra dare grandi soddisfazioni e facili introiti, fino a quando i due, accecati dall’avidità, non si spingeranno in un affare losco e pericoloso e al di fuori delle loro possibilità.

War Dogs è il titolo originale di questo buon film. Al centro due amici, all’apparenza due brave persone, trasformatesi in breve tempo in avidi e spietati speculatori, ai danni dell’esercito americano e della vita dei suoi soldati. Una macchia nazionale. Una storia vera, ai confini della realtà, raccontata da Todd Phillips, regista noto al grande pubblico per la trilogia di successo Una notte da leoni con il tono leggero della commedia. Più a suo agio con la risata, Phillips cerca un proprio stile, saccheggiando qua e là da The Wolf of Wall Street (da cui prende in prestito Jonah Hill) a La grande scommessa, pur se con risultati decisamente più modesti.



Il film scorre via con piacere, lasciando lo spettatore allietato dalla leggerezza dei personaggi (che lasciano emergere un’ingenua e divertente improvvisazione) e colpito dall’assurdità della storia vera, seppur certamente arricchita da orpelli narrativi. Come sia stato possibile che l’esercito degli Stati Uniti sia stato truffato da due improvvisati trafficanti d’armi, affaristi e trafficoni, ancora appare incredibile. Tanto più per come i due uomini vengono descritti: Efraim, ottimista e buontempone, David, prudente e fedele. Entrambi poco sospettabili.

Come il film non riesce bene a spiegare, i due amici si trasformano in altro da sé, sposando il lato oscuro degli affari. Una trasformazione troppo repentina, un “dover essere” poco credibile che fa pensare a un racconto troppo romanzato e superficiale dei fatti. Ma il film si regge sul ritmo, che alterna battute a momenti di tensione, che vedono protagonista, tra gli altri, anche un pacato ma spietato Bradley Cooper, nelle vesti di un cattivo per necessità (“a volte sono costretto a chiedermi cosa farebbe un cattivo”).



La guerra è un’economia. E in molti ci mangiano, facendo soldi “tra le righe”. Al fronte, per alcuni mesi, soldati americani hanno sparato cartucce cinesi, vecchie e inaffidabili, merce di cambio di traffici illeciti e pratiche spregiudicate, a vantaggio di piccoli fornitori affamati di briciole. David ed Efraim, pur con storie e valori differenti, hanno sentito il gusto del denaro, cercando di azzannare la torta di questi affari, rischiando la vita e svendendo l’anima per un bottino cospicuo e una gloria passeggera. Ma il bilancio del crimine, a conti fatti e al netto della morale, ha offerto ad Efraim 4 anni di reclusione e a David 7 mesi di domiciliari. Un po’ poco, secondo buonsenso.

Ma non servono i film o gli articoli di giornali per capire come, dietro ai nobili valori sbandierati, ci sia spesso, troppo spesso, una fogna maleodorante di affari e di interessi che dominano le sorti dei popoli, della storia e forse dell’umanità intera. Non servono i film, o gli articoli di giornale, ma fanno sempre bene a ricordarcelo.