Finita un’estate così rocambolesca come quella di quest’anno, un interessante gioco tra eccitazione della scoperta e brivido del mistero può deliziare le aspettative dello spettatore, attraverso una vitalità sorprendente che si può trovare solo nel film del 2011 intitolato Sherlock Holmes – Gioco di ombre (regia di Guy Ritchie). L’audace dottor Watson (Jude Law), prima come voce fuori campo, poi in primo piano con la macchina da scrivere, comunica allo spettatore che il genio stravagante del suo amico e famoso investigatore (Robert Downey Jr) ha colpito ancora.
Il racconto si traduce, così, in un secondo capitolo, apice della carriera di questa coppia indistruttibile: la ragnatela degli eventi esplode, durante l’anno 1891, con il suo filo rosso abilmente intessuto. Dietro lo scandalo che coinvolge un tycoon indiano del cotone, un trafficante d’oppio cinese, le bombe a Strasburgo, a Vienna e la morte di un magnate dell’acciaio in America, vi è un unico centro: il professor James Moriarty (Jared Harris). Per dimostrare le sue deduzioni, Sherlock Holmes ha come prova solamente l’omicidio del dottor Hoffmanstahl, pioniere della ricerca medica avanzata (Wolf Kahler).
Nel corso della propria indagine, la colonna sonora energica di Hans Zimmer lo accompagna nel pieno dell’azione. La tecnica del travestimento «così dichiarato che è celato» e il potente estratto surrenale da lui inventato, permetteranno a Holmes di scoprire un progetto criminale ben congegnato sotto falsi indizi come «il gatto che rincorre il topo in punta di fioretto». Grazie all’aiuto dell’amico Watson e di suo fratello Mycroft (Stephen Fry), l’investigatore prepara ancora le sue mosse con la forza dell’intelletto: la chiave del mistero risiede in una lettera e in vari disegni, tra cui quello di un volto, che Madame Simza (Noomi Rapace) non avrebbe mai dovuto vedere.
È ufficiale: la “partita di scacchi” tra James Moriarty e Sherlock Holmes è iniziata. In mezzo a frequenti attentati indirizzati alla sfortunata luna di miele di Watson, il violino procede inquietante, mentre i protagonisti scoprono di non essere soli: il professore, infatti, è affiancato dallo spietato colonnello britannico, congedato con disonore, Sebastian Moran (Paul Anderson). Le bombe degli anarchici, dunque, rappresentano un diversivo per creare una vera e propria crisi diplomatica in Europa. Sotto il controllo di Moriarty, le industrie belliche, del cotone, oppio, acciaio, delle armi chimiche di Francia e Germania si preparano allo scontro militare: una volta posseduta l’offerta, egli non deve fare altro che scatenare una guerra mondiale.
La musica di Schubert accompagna la domanda cruciale che il professore rivolge all’investigatore: «chi è il pescatore, tra lei e me, e chi è la trota?». Ma è davvero arrivata la fine? Grazie a tali quesiti, il film è eccezionale da rivedere perché la sua sferzante ironia non solo risolve la trama, ma comunica allo spettatore la potente miccia del dubbio positivo, nella trepidante attesa di ulteriori sviluppi.