Il secondo incidente in cui è incappato il ministero della Sanità con la campagna sul Fertility Day pone più di un interrogativo sulla comunicazione dello Stato e della Pubblica amministrazione in generale. Abbiamo sentito in proposito il parere di Alberto Contri, Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e docente di Comunicazione Sociale all’Università Iulm di Milano.



Com’è possibile che un Ministero, che ha tra i suoi principali compiti quello di informare e formare i cittadini sul tema della salute, possa prestare il fianco a critiche pervenute da ogni parte, commettendo errori così grossolani al punto di giustificare le accuse di razzismo per un maldestro uso delle immagini? 



Sul caso in sé potrei richiamare due proverbi: “le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni” e “una toppa peggiore del buco”.Il primo si riferisce al fatto che gli argomenti del Fertility day hanno una grande importanza e un’oggettiva ragion d’essere sia dal punto di vista sociale che medico-scientifico. A maggior ragione, però, proprio per l’importanza e l’impatto sociale del tema, occorrerebbe mettere la massima cura nel comunicare ai cittadini temi così delicati. Stupisce poi, che dopo un primo scivolone cui si è cercato di rimediare dopo l’esplosione delle proteste sui social network, sia stato commesso un errore ancora più grande.



Il Ministro sostiene che le immagini che aveva visto erano diverse, erano mascherate, e ha sospeso la dirigente dell’ufficio comunicazione.

Mah, sinceramente mi pare una tardiva ricerca di un capro espiatorio. Chiunque, con una minima esperienza di comunicazione pubblicitaria, sarebbe inorridito di fronte alla proposta di rappresentare le buone compagnie con dei biondi aitanti e ariani, e le cattive compagnie con dei neri e dei capelloni. Inoltre con immagini comprate sulle banche dati a poco prezzo, e quindi già impiegate per altri usi pubblicitari. Comunque questi incidenti sono la spia di un problema molto più grande, che riguarda l’intera Pubblica amministrazione. 

Di che cosa si tratta?

L’assai scarsa cultura della comunicazione diffusa in tutta la Pubblica amministrazione. A differenza di quanto avviene in quasi tutti i paesi del mondo, la comunicazione pubblica italiana è semplicemente penosa. Nei paesi anglosassoni, ma più di recente anche nei paesi latino-americani, si fanno campagne di comunicazione assai curate, creative, efficaci, anche con grande e accurato uso dei nuovi media: perché comunicare bene con i cittadini è considerato un compito da svolgere con la massima cura. E che quindi si fa impiegando i migliori professionisti e le strutture più titolate e competenti. In Italia le cose sono andate e vanno diversamente per molti motivi. 

Quali?

Innanzitutto, nel nostro Paese, segnatamente tra la classe politica, la comunicazione non è mai stata considerata una competenza da specialisti, per cui chiunque si ritiene in grado di saperne qualcosa. Negli uffici comunicazione dei ministeri quando non ci sono giovani di poca esperienza ci sono al massimo giornalisti (che è tutto un altro mestiere) o dirigenti con un curriculum non specifico. Nonostante esista da molto tempo la scuola della Pubblica amministrazione, non si comprende quale formazione sia stata fatta nel campo della comunicazione. Ogni Ministero poi fa da sé, tranne quelli senza portafoglio, che dipendono dal Dipartimento dell’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha molte altre gatte da pelare. 

 

Immaginiamo che per affidare gli appalti si facciano delle gare…

Ah certo. Peccato che in molti casi siano gli Uffici acquisti a gestirle, assai competenti nell’acquistare beni e servizi, ma non un bene immateriale come la comunicazione, che cercano sempre di acquistare al prezzo più basso. Per molti anni poi sono state fatte gare con decine e decine di agenzie, facendo lavorare inutilmente strutture importanti, quando poi molto spesso a vincere erano società sconosciute ai più, autorizzando il dubbio che siano state raccomandate. Altro problema è dato dal fatto che i budget a disposizione sono diventati limitatissimi, per cui anche le agenzie hanno finito per impiegare su questi progetti il personale meno costoso e meno esperto. Su tutto questo combinato disposto regna il fatto, come ho già detto, che la classe politica che esprime i ministri ha una conoscenza della comunicazione vecchia e superata, ancorata a quattro schemini. Lo abbiamo ben visto cosa sono stati capaci di combinare i politici quando sono stati catapultati ai vertici della Rai, giusto per fare un esempio. Non c’è quindi da stupirsi se le campagne governative vengono spesso impiegate nei corsi di comunicazione universitari per mostrare tutti gli errori che non si dovrebbero fare.

 

Qualche esempio?

Praticamente tutte le campagne antidroga, inutili di per sé, a mio parere. Quasi sempre realizzate con un linguaggio paternalista o con un patetico tentativo di scimmiottare il linguaggio dei giovani. Secondo me si fanno solo per far vedere che lo Stato fa qualcosa: sarebbe meglio utilizzare quelle poche risorse con iniziative sul territorio o a favore delle comunità di recupero. Per stare sul tecnico dobbiamo purtroppo stigmatizzare un’altra recente campagna del ministero della Salute, quella contro il fumo, quella in cui il simpatico Frassica dà letteralmente dello scemo a un ragazzo che fuma. 

 

E cos’ha che non va questa campagna?

Primo, è del tutto errato usare un testimonial ultrasessantenne per parlare ai più giovani. Secondo, come si fa a dare platealmente dello scemo a un rappresentante del target che si vuole convincere…ma è mai possibile? E non stigmatizzo affatto l’uso dell’ironia, il mondo è pieno di campagne sociali su temi difficili e “pesanti” come l’Aids, la disabilità, la donazione organi, in cui si fa un uso sapiente e intelligente del linguaggio ironico per attirare l’attenzione e farsi ascoltare e capire: basta fare un giro sulla Mediateca on-line di Pubblicità Progresso per capire di cosa parlo. Questa Mediateca è stata costruita in oltre dodici anni di lavoro (oggi ci sono oltre 2700 campagne selezionate tra le migliori del mondo) proprio per invitare i comunicatori delle Onlus e del Governo a confrontarsi con le soluzioni più intelligenti ai più diversi problemi di comunicazione sociale. Devo dire che nelle Onlus ci sono segnali incoraggianti dei risultati di questo impegnativo e utile lavoro, mentre i comunicatori pubblici sembrano essere assai duri d’orecchio. Nel migliore dei casi si fanno filmetti con animazione a basso costo, si usano immagini di repertorio, si ricorre agli stereotipi più banali.

 

Possibile che non ci siano eccezioni?

Ogni tanto qualcosa sfugge al catenaccio del perverso combinato disposto di cui ho parlato: citerei in questo senso la campagna 2016 del ministero delle Infrastrutture e Trasporti per la prevenzione degli incidenti stradali. Diversi soggetti trattano il tema delle cinture, dell’uso del seggiolino per i bambini, dell’uso del cellulare alla guida eccetera. “Non gli scriverei più un sms mentre guido”. “Adesso allaccerei sempre le cinture”, dicono i protagonisti dello spot, di cui ci accorgiamo però, dalla data di nascita e morte in sovraimpressione, che non ci sono più per avere inviato un sms, non aver allacciato le cinture. Una comunicazione molto potente, ma fatta con estremo garbo. Non a caso c’era di mezzo un’agenzia pubblicitaria di lunga tradizione come la Tbwa.

 

Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

Tanto per cominciare, un bel corso di aggiornamento per tutti i responsabili della comunicazione dei Ministeri. Accompagnato da un coordinamento complessivo delle campagne da fare e da un’adeguata revisione dei budget di comunicazione. Secondo me, un governo dovrebbe decidere delle priorità una volta l’anno intorno alle quali impostare buone campagne di comunicazione, e magari non accontentarsi solo dei tweet. In termini di sussidiarietà, poi, rilancerei la proposta che ho fatto oltre un anno fa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Lotti: perché non usare come Advisor della comunicazione Governativa proprio la Fondazione Pubblicità Progresso, che vanta oltre 45 anni di esperienza e che oltre ad aver realizzato campagne sociali memorabili con le migliori agenzie, organizza oramai da anni corsi di formazione in moltissimi atenei di tutta Italia? Non parlo di realizzare le campagne, non potremmo mai fare concorrenza alle agenzie, ma potremmo supportare i ministeri nel dare dei “brief” in grazia di dio, sorvegliare lo svolgimento corretto delle gare, segnalando le migliori soluzioni dal punto di vista tecnico, ma lasciando ovviamente al committente pubblico la scelta finale. Con un’assistenza del genere, gli ultimi incidenti del ministero della Sanità non sarebbero mai successi…