Il Gabibbo non è un plagio di Big Red, la mascotte sportiva della Western Kentucky University: questo ha deciso la Corte di Cassazione dopo che la società che aveva acquisito i diritti di Big Red aveva citato in giudizio insieme all’Università, Mediaset e Fininvest a causa del rosso pupazzo di Striscia la Notizia. Soddisfatto Antonio Ricci, che commenta: “Il Gabibbo rappresenta il populismo, la pancia, non parla: rutta. Vuol significare che in Tv qualunque banale pupazzo, se bercia o arringa moraleggiando, può ottenere il massimo della credibilità e popolarità. Condannarlo per la voluta banalità delle sue forme, che lo rendono simile a decine e decine di altri pupazzi infantili dalla bocca larga, sarebbe stata una vera e propria assurdità”. Il processo è durato quindici anni e adesso le parti che avevano fatto causa a Mediaset e Fininvest dovranno anche pagare tutte le spese legali. Tutti e tre i gradi di giudizio avevano concordato l’insussistenza delle accuse, ma gli appellanti sono voluti comunque andare avanti con il processo.
Sono stati in molti a chiedersi come avesse fatto il Gabibbo ad arrivare oltre oceano e a scatenare la denuncia da parte dell’Università del Kentucky. I diritti di Big Red erano stati acquistati da una società lughese appartenente a un imprenditore italiano, Gianfranco Strocchi. La causa era rivolta non solo a Mediaset e Fininvest, ma anche nei confronti di Rti, Copy e Giochi Preziosi. L’Adfra (la società lughese, che oggi non esiste più) aveva chiesto di non utilizzare più il pupazzo durante Striscia la notizia e voleva un risarcimento di 100mila euro. Già nel 2007 il Tribunale di Ravenna aveva dichiarato l’inconsistenza delle accuse, per il fatto che Big Red non avesse questi elementi così innovativi nelle sue fattezze da giustificare l’accusa di plagio. “La Corte di merito ha completato la propria motivazione rilevando che, anche se in ipotesi Big Red fosse stato suscettibile di protezione ai sensi del diritto d’autore, in ogni caso Gabibbo non si sarebbe potuto considerare una contraffazione stante gli elementi di diversificazione in esso presenti”, ha detto la Corte di Cassazione.