È bello e confortante vedere un film che restituisce fiducia nella capacità del cinema di conciliare tecnologia, emozioni e una straordinaria immaginazione. Non è un caso che la regia de Il GGG sia di Steven Spielberg e che la storia sia adattata dal romanzo di un grande scrittore come Roald Dahl, che con la storia del Grande Gigante Gentile ha incantato generazioni di bambini e di adulti. Ed è proprio questo il termine che viene in mente pensando al film di Spielberg, “incantare”. Affascina con la bellezza delle immagini e conquista con la profondità dei temi, catturando infine con emozioni genuine.
La storia è quella di Sophie, una bambina inglese sveglia e intelligente che vive malvolentieri in un orfanotrofio di Londra e legge di nascosto quando gli altri dormono. Una notte, ecco comparire un gigante per le strade della città, che rapisce Sophie e la porta nel Paese dei Giganti, in una buffa caverna piena di oggetti strani e verdure disgustose chiamate cetrionzoli. Sophie cerca di scappare, ma quando vede uno degli altri giganti del posto, malvagio, rude e affamato di esseri umani, capisce che il suo rapitore è in realtà un uomo gentile, buono e succube dei suoi crudeli vicini. Il GGG (Grande Gigante Gentile) è vegetariano e ama gli esseri umani, a cui porta ogni notte i sogni, che conserva in barattoli trasparenti raccolti in un antro segreto.
Sophie si affeziona in fretta al suo nuovo amico, da cui impara la magia dei sogni e dei sentimenti. In cambio, la bambina trascina il gigante in un’avventura che lo porta fino a Buckingham Palace, dove convincono la Regina in persona a mandare l’esercito nel Paese dei Giganti per esiliare i cattivi molto lontano, dove potranno nutrirsi soltanto di cetrionzoli e non tormenteranno più il mite GGG.
Roald Dahl è riuscito con le sue storie a parlare ai bambini e agli adulti, senza edulcorare la realtà, ma lasciando sempre la porta aperta alla speranza. Non ha nascosto il dolore e l’infelicità, ma li ha trasfigurati; ha dimostrato che la fantasia aiuta a parlare della realtà in modo più efficace del semplice realismo. Come Matilda, a cui per certi versi assomiglia, Sophie è una “diversa”, molto intelligente perché curiosa, interessata al mondo intorno a sé e pronta a mettere in discussione le regole e le imposizioni. Non cresce circondata da amore e comprensione, ma li riceve e li dà all’essere più improbabile, un gigante, un altro “diverso” e non integrato, che in un mondo di arroganza e violenza incarna il valore della gentilezza. Ed è facile affezionarsi al gigante con i suoi rimpianti, il suo timore di non essere accettato e il desiderio di amare ed essere amato.
Non mancano le risate, perché Spielberg si diverte a giocare con la pausa narrativa in cui, sullo sfondo di Buckingham Palace, la visita del GGG a corte si trasforma in uno spettacolo esilarante, che si conclude con una spedizione inglese nel Paese dei Giganti e con un nuovo futuro per Sophie e il suo grande (in tutti i sensi) amico. Si ride e ci si commuove, come nei film più belli, ritrovando finalmente la magia di un cinema che riesce a coniugare la meraviglia visiva con i sentimenti più autentici e mai esasperati.