The Family Man è un film del 2000 con Tea Leoni e Nicolas Cage. La regia è di Brett Ratner, conosciuto più come direttore di videoclip musicali e produttore (suo Revenant – Redivivo). Premesso che non è un gran film, è una commedia con happy end americana e le interpretazioni non sono da premio, ma comunque la storia fa riflettere.



Jack (Nicolas Cage) è uno squalo di Wall Street, ricco, con Ferrari, senza peli sullo stomaco e single. Convoca una riunione per il giorno di Natale per una fusione da 100 milioni di dollari. Tredici anni prima aveva preso la via di Londra per inseguire il suo sogno professionale, lasciando la bella fidanzata Kate (Tea Leoni). S’imbatte in un grillo parlante chiamato Cash (Don Cheadle) che lo catapulta nella vita che avrebbe intrapreso se non fosse andato a Londra. È chiaro che con i “se” la vita non esiste e la realtà è un’altra cosa. Ma continuiamo con il film. Il nostro si risveglia nel letto con Kate, con due figli e un cagnone. Lavora nel cambio gomme del suocero, vive in una modesta villetta con una marea di cambiali e la moglie è un avvocato no-profit che non si fa pagare le parcelle.



Sbigottito torna nel suo lussuoso attico, ma nessuno lo riconosce, incontra nuovamente Cash che guida la sua Ferrari e gli dice che questa è la vita che avrebbe dovuto vivere se avesse fatto in passato altre scelte. Il nostro appare frastornato, vuole ripudiare questa situazione paradossale, ma intanto il tempo passa. Scopre di amare Kate e i due figli. L’amore guarisce e annulla la sua vita passata. Ma sul più bello riappare Cash che lo fa ritornare alla vita da yuppie rampante.

E qui il nostro uomo cerca Kate che è un avvocato di successo e si sta trasferendo a Parigi, la ferma all’imbarco raccontandole della vita che avrebbe vissuto insieme a lei e ai figli. Lei non prende l’aereo e si ferma a bere una tazza di caffè con Jack. Un’americanata con un finale da sogno, anzi possiamo dire che è una favola. 



Come dicevo poc’anzi con i “se” non si fa la storia, anzi con questo avverbio normalmente si parte per rammaricarci per qualcosa. Di grande insegnamento potrebbe essere la lettura di “Momenti fatali” di Stefan Zweig, dove vengono narrati 14 episodi che hanno inciso sull’andamento della storia, uno su tutti, “se” una porta della roccaforte di Bisanzio non fosse stata lasciata inavvertitamente chiusa, i turchi sarebbero ancora lì fuori dalle mura.

Certo The Family Man ricorda molto le due vite parallele di Sliding Doors del 1998, dove anche lì il destino di Hele (Gwyneth Paltrow) cambiava “se” prendeva o meno la metropolitana. La parola chiave è destino. Certo è che non lo creiamo noi, anche se le nostre scelte lo condizionano, ma comunque è tutto in un disegno già scritto e non casuale. Io almeno la penso così, compresi i dolori e le difficoltà che si incontrano nella vita. Opinabile perciò il fatto di poter scegliere la vita parallela, ma nel film Jack ha un’alternativa alla sua aridità e ai suoi soldi che lo smuove dalla sua posizione: una moglie e due figli che gli vogliono bene e che gli han fatto capire quali siano i valori giusti e buoni per la sua vita. Essere abbracciati e lasciarsi abbracciare (ci vuole anche questo) cambia la vita.

Come scrivevo inizialmente il film non è un granché, è una commedia divertente, sempre meglio però della violenza alla Tarantino, e visto con questo sguardo ci dà un barlume di apertura e positività che trascende il film stesso.