L’INTERVISTA DEI PICCOLI FAN

Al centro della curiosità dei piccoli protagonisti di chi ha incastrato Peter Pan c’è Gigi Proietti, che dà il via alla sua intervista con una breve dimostrazione di doppiaggio. L’attore, infatti, ha prestato la voce ad alcuni dei personaggi più famosi dei cartoni animati e questo aspetto della sua carriera non fa che incantare i tanti bambini al suo cospetto. “Perché hai tanti capelli, sei vecchietto! Indossi la parrucca?”, chiede una sua fan, “No,stamattina non l’ho messa!”, replica l’ospite, mentre qualcuno, in virtù del suo ruolo da attore, cerca di capire se alcuni ciak possano influire sulla gelosia di sua moglie: “No, ultimamente, faccio dei ruoli che non prevedono altri baci, però non si arrabbia perché sa benissimo che è una cosa finta!”, rivela Gigi Proietti, che fra le tante risposte della serata confessa ai bambini di amare l’ironia di Nino Frassica, di Crozza e di Paolo Bonolis. (Agg. di Fabiola Iuliano)  



LE AMARE RIFLESSIONI SULLA SUA ROMA

In attesa di rivederlo negli studi di Chi ha incastrato Peter Pan, Gigi Proietti è stato protagonista negli ultimi tempi di un’intervista rilascia al Il Tempo e, nel corso della quale, torna a parlare di Roma, la città che gli ha dato i nati e l’ha visto crescere artisticamente. Il 76enne attore e comico cresciuto nel rione Regola ha infatti ammesso che, durante gli ultimi anni, la Capitale si è notevolmente incattivita ed è diventata sempre più brutta: “Oggi noto che c’è sempre meno voglia di ridere e poi mi domando sempre: ma coremo coremo ma ‘ndo nnamo?” ha detto, tra il serio e il faceto il mattatore romano, aggiungendo che i problemi attuali della città non sono da rintracciare solamente nel traffico o nelle fognature, ma proprio nella mancanza di una vera svolta. “Servirebbe un’invenzione politica e strutturale per Roma che purtroppo però io non ho…” ammette candidamente Proietti, precisando però che quella che spesso viene definita come “la pigrizia dei romani non è altro che, invece, una sorta di tolleranza eccessiva e” chiosa l’attore, “devo ammettere che di recente abbiamo tollerato di tutto, ecco perché poi ci siamo incattiviti”. (agg. di R. G. Flore)



TUTTO EBBE INIZIO CON UNA CHITARRA

Tra gli ospiti di questa nuova puntata del programma Chi ha incastrato Peter Pan spicca il celebre artista romano Gigi Proietti tornato protagonista a teatro con il suo spettacolo di successo Cavalli di battaglia (è stato proposto nella passata stagione su Rai 1 con enorme successo di pubblico). Proietti è tra gli attori italiani più amati eppure, come lui stesso ha avuto modo di raccontare in una recente intervista rilasciata al portale IlGiornale Off, la sua carriera è iniziata grazie ad una chitarra: “…ho cominciato strimpellando una chitarra che mi era stata regalata a Natale mentre a mia sorella era toccata in sorte una fisarmonica. Io con la chitarra cominciai ad esibirmi, per ridere, davanti a un gruppo di coetanei, appena iscritti come me alla facoltà di Legge. Ma dopo un po’ mi stancai di avere un uditorio così limitato e un po’ per scherzo un po’ per piacere personale cominciai a raccontare delle barzellette inframmezzate da piccoli intermezzi comici. Poi mi misi a canticchiare brani di celebri canzoni del passato nelle trattorie dove andavamo dopo aver faticato sui libri a gustarci una pausa ristoratrice”.



GIGI PROIETTI, IL PRIMO RUOLO DA PROTAGONISTA A TEATRO

Nella stessa intervista, Gigi Proietti ha parlato quindi dei suoi inizi a teatro ed in particolare del suo primo ruolo da protagonista e della grande passione che lo pervase a fine anni Sessanta nei confronti dei grandi autori polacchi. Ecco quanto detto dal celebre artista romano: “Tra i miei primi ruoli ci fu un testo di Alberto Moravia intitolato ‘Il dio Kurt’ che recitai dapprima allo stabile dell’Aquila e subito dopo al Piccolo di Milano con Alida Valli e la regia di Antonio Calenda. Un testo di una drammaticità spaventosa in cui impersonavo un nazista che alla fine si redimeva. Ebbe un grande successo soprattutto tra gli addetti ai lavori. Avremmo potuto replicarlo anche per due stagioni se non fossimo stati incalzati dalle continue richieste di fare qualcosa di più commerciale. Intanto con l’avvento del sessantotto gli editori cominciavano a interessarsi alla drammaturgia. Dalle fumose librerie del centro Europa arrivavano i testi dei grandi autori polacchi che non avevamo mai sentito nominare come Witkiewicz. Io finii per innamorarmene al punto di persuadere i teatri, con cui avevo stabilito una fraterna collaborazione, di farmene interpretare qualcuno”.