A volte sono le piccole storie, dei piccoli paeselli che possono gettare luce sulle grandi questioni del lavoro come della vita. Il film La giusta distanza di Carlo Mazzacurati è sicuramente un esempio di questo fenomeno. Si tratta di una pellicola italiana che, a differenza di molte altre connazionali, non si vuole prendere troppo sul serio e affrontare grandi tematiche, ma vuole raccontare una storia semplice e proprio per questo riesce nel risultato di parlare dell’universale direzionando, però, la telecamera sul particolare.



La vicenda è ambientata a Concadalbero, in Veneto, in cui il tranquillo scorrere delle giornate viene interrotto dall’arrivo di Mara, una bella trentenne anticonformista che farà la maestra nella scuola del piccolo paese. La ragazza, interpretata da Valentina Lodovini, desterà l’attenzione dei diversi uomini del paese che, a turno, tenteranno di conquistarla. Tra tutti, a sorpresa, conquista il suo cuore Hassan, un meccanico tunisino. 



L’intera vicenda è seguita dagli occhi attenti di Giovanni, che ha il volto di Giovanni Capovilla. Il giovane ha il sogno di diventare giornalista e seguendo le orme del suo maestro Bencivegna, giornalista ormai affermato interpretato splendidamente da Fabrizio Bentivoglio, scrive sotto copertura dei fatti del paese e dei dintorni raccontando le notizie più interessanti. Giovanni cerca in tutti modi di seguire la regola del maestro, codificata nella formula “la giusta distanza”. Il vecchio giornalista, in sostanza, suggerisce al ragazzo di non intromettersi mai nelle storie che racconta, perché questo non gli permetterebbe di essere lucido e trattare il pezzo scritto con il dovuto distacco.



Sarà difficile per Giovanni, però, rimanere non emotivamente coinvolto quando il corpo di Mara sarà trovato morto nel fiume e Hassan verrà condannato per omicidio. A quel punto dovrà decidere se fuggire di fronte al suo compito di giornalista e quindi indagatore della realtà e accontentarsi della “versione ufficiale”, oppure se superare i pregiudizi e il quieto vivere del paesello. Il nostro giovane giornalista nel film è chiamato a diventare uomo, quindi a prendere posizione di fronte alla realtà, dando il suo giudizio. Avrà a disposizione la curiosità e la tensione verso il vero, che da sempre lo contraddistinguono.

Di più non anticipo perché non è mia intenzione rovinare l’esperienza di farsi guidare attraverso lo scorrevole svolgimento della pellicola. Il mio augurio, piuttosto, è quello di avere come collega o anche come amico un Giovanni che non si accontenta di verità monolitiche e immutabili e neanche di un quieto vivere che alla fine risulta ipocrita e noioso. E ovviamente mi auguro che spuntino sempre più Giovanni nel mondo dell’attuale giornalismo, e quindi di uomini che vogliano educare noi pigri lettori alla verità dei fatti e non al pregiudizio delle opinioni, anche a costo di finire da soli, perché per un giornalista la verità è la migliore compagnia.