Un Nicola Savino a 360 gradi: considerato da tanti “simpatico” ma non un comico; “bravo” ma non Carlo Conti; “forte alla Radio”, ma non è Linus. Insomma, un personaggio che non sempre viene considerato per tutto quello che è e quello che fa, come lo chiamavano infatti a Radio Deejay ai primi tempi negli anni Novanta, «l’Uomo della strada» perché sembra come tanti. Nell’intervista lasciata dal conduttore de Le Iene (da quest’anno, dopo gli anni in Rai con la conduzione di Quelli che il calcio e Dopofestival, ndr) e di Deejay chiama Italia con il fidato Linus, Nicola Savino racconta di sé in profondità e con la consueta canzonata ironia ci presenta un’immagine che non aspettavamo, lo ammettiamo, ingannati anche noi da quell’uomo della strada. Senza per forza grandi dichiarazioni “intimiste”, Savino spiega che il suo passato non è di quelli felici “per forza” visto che è uomo di spettacolo e che per mestiere deve far ridere: «dopo la morte dei miei genitori sono andato dall’analista, ma ho anche ripreso a pregare. Non come Paolo Brosio, però», confermando la sua voglia di scherzare, magari anche per mascherare una reale dichiarazione di seria religiosità personale e fede in Dio. «Comunque con l’analisi sono un habituèe: a fasi alterne vado in terapia dal 1999. La prima volta è durata tre anni, poi è morto il medico – come nel film di Verdone (Ma che colpa abbiamo noi, ndr) – e ho smesso. Ho ripreso dal 2009 fino a poco fa».

IL PRESENTE E IL FUTURO

Come spesso accade, non la risoluzione del problema ma un modo per essere accompagnati nelle proprie difficoltà, è la famiglia ad avere sostenuto Savino nei momenti più bui. L’analisi e la crisi, oltre alla morte dei genitori, è originata dalla separazione dalla sua prima moglie: «per conoscermi meglio e non impazzire, visto che con questo lavoro si va facilmente fuori strada ho deciso di andare in analisi e riprendere a pregare», spiega il conduttore di Radio Deejay e uno dei migliori imitatori della tv italiana. Il collega del Messaggero, all’interno della vasta intervista sui suoi programmi passati, presenti e futuri, chiede anche «la lezione più importante dell’ultimo anno». E la risposta di Savino è ancora una volta non usuale: «lasciare un po’ più di libertà a mia figlia. Impresa difficilissima». Questo conferma come la stessa famiglia che lo ha sostenuto e lo sostiene anche in questo periodo molto buono dal punto di vista professionale, è fondamentale e allo stesso tempo “delicata”, con il timore di poter rovinare qualcosa che attanaglia Savino. «Ho paura di ammalarmi e poi di far deragliare la mia famiglia. Tutto può succedere in una coppia. Io e mia moglie ce lo ripetiamo sempre: finché dura…». Lasciare una libertà e avere la preoccupazione di lasciarla, caro Nicola, è già un altissimo sforzo “libero” che non può che renderti ancora più simpatico. “Uomo della strada”, ma nel senso buono del termine…