Ottobre, 1988. Nella città di Derry, nel Maine, gli episodi violenti sembrano essere superiori alla media. Troppe sparizioni, troppi omicidi irrisolti, troppi bambini scomparsi. Vivono, in questa piccola città di provincia, sette adolescenti, provati dal bullismo dei compagni di scuola e dalle difficili storie familiari. I loro sogni sono popolati da incubi che sembrano materializzarsi nella realtà. Ad accrescere le paure dei ragazzi, uniti in gruppo per provare a sconfiggerle, è il terrificante clown Pennywise, responsabile della presunta morte del piccolo Georgie, scomparso misteriosamente in un giorno di pioggia.
Era tempo che si aspettava una riduzione cinematografica di “IT”, uno dei romanzi più riusciti e apprezzati di Stephen King, genio consacrato della letteratura horror. Nel 1990 ne è stato tratto un film per la tv, in due puntate, che ha avuto un indiscutibile successo. Dai lontani anni ’90 il malefico clown, una sorta di personificazione degli incubi dei bambini, è stato copiato, imitato, citato, reinventato, divenendo ben presto un’icona del cinema horror, da cui sono nate infinite variazioni sul tema. La sua rappresentazione visiva, interpretata nella versione citata da Tim Curry, è rimasta impressa nell’immaginario collettivo, divenendo uno dei peggiori incubi di una generazione.
Su queste premesse, l’attesa di una versione contemporanea è stata febbrile, accompagnata dalla consapevolezza di essere di fronte a un grande evento e a una sfida complessa. Andy Muschietti, regista di questa nuova trasposizione, poteva contare sull’esperienza di un primo lungometraggio horror (La madre) e di una seconda opera tratta da un racconto di Stephen King (The Jaunt). In più partiva con il vantaggio di avere a disposizione un personaggio già carico di paura e forte di un patrimonio di terrore conquistato negli anni.
Le buone premesse sono però, e ci dispiace affermarlo, naufragate al primo tentativo, sebbene sia già in produzione IT2, seguito e completamento naturale dell’opera. IT doveva essere un personaggio intenso, minaccioso, inquietante. Lo è, a tratti, nel viso terrorizzante di Bill Skarsgård, figlio dell’apprezzato attore svedese Stellan. Ma non a sufficienza per rendere il film una riuscita opera di paura.
Con gli occhi dell’adulto, IT è un horror spuntato, colpevolmente alleggerito da un clima avventuroso, che sembra portarci nel mondo dei Goniees, e da molte, troppe, battute da commedia per la famiglia che perseguono la consueta contaminazione di generi dell’attuale involuzione hollywoodiana. Con gli occhi dell’adolescente, IT è un horror che non fa paura, superato da numerosi film di genere infinitamente più inquietanti. Lo è, forse, per il ragazzino delle medie, se è questo il target, ma certo non può dirsi un modello pregevole di qualità narrativa, sebbene sia accompagnato da alcuni scenari apprezzabili.
Con gli occhi del critico, IT è un prodotto commerciale senza grandi pregi e a sfondo nostalgico. Un’occasione mancata, un patrimonio sperperato, un film povero di suspense e di scarsa immaginazione, un po’ horror, un po’ splatter, un po’ commedia, un po’ avventura, un po’ ritratto sociale. Un film incapace di restituire la ricchezza, anche simbolica, dell’opera originale.
IT continuerà a popolare i nostri sogni, ma coi ricordi del passato.