Se vi era piaciuto il film di Ridley Scott del 1982, partite dal fatto che dopo trentacinque anni molto sulla terra è cambiato veramente – le nazioni, la cultura, le idee, la tecnica, i dineros – e che trentacinque anni dopo, il sequel potrebbe riservare qualche delusione. Se potete, andate a vedere Blade Runner 2049 in formato 70 mm in versione 3D, perché il film è stato realizzato sfruttando tutta l’innovazione tecnologica a disposizione. Il 3D esalterà la visione delle scene di lotta, in quelle delle riprese esterne delle finestre di casa di Ryan Gosling  con la pioggia, negli interni dell’hotel dove è nascosto Harrison Ford, nei cambi di focale.



Ottima fotografia: la notte, il chiaroscuro, il grigio, l’arancione, la nebbia, il bianco. C’è sicuramente un significato nel passaggio dei vari colori, si va dalla paura e violenza, al dubbio, alla speranza. Se nel film del 1982 l’eugenetica e la clonazione sembravano un’idea del fulminato ma geniale scrittore P. K. Dick (che scrisse “Il Cacciatore di Androidi” che ispirò il film) formulata addirittura nel 1968, oggi la tematica non è più un romanzo fantascientifico, è realtà. L’uomo  e la cultura odierna vogliono essere i protagonisti e possessori della vita. E nel film ciò è ben raffigurato.



Il bravo Gosling è un cacciatore di replicanti in missione e si imbatte e uccide uno di questi. Qui esce la prima parola che fa sussultare: miracolo. Rachel, la bella replicante scappata con Deckard, ha dato alla luce un bambino e poi è morta. Questa nascita sarebbe il Miracolo, il nuovo uomo che sconvolgerebbe il futuro del mondo. Un po’ come Gesù.

Un’analogia molto azzardata, visto che il fautore di tutto ciò è lo scientismo dell’uomo: può la tecnica far dare alla luce da una replicante (e forse anche due) una vita umana? Gosling pensa di essere lui il nascituro per alcuni ricordi che ha, ma poi si instaura in lui il dubbio di essere replicante. Va alla ricerca del vecchio Deckard e… non anticipiamo altro, ma alla fine vince la fotografia bianca che racchiude tutti i colori, come segno di luce e di speranza. 



Probabilmente avremo un altro episodio, i dineros contano più delle idee. Il soggetto e la storia sono veramente deboli e il film ti avvince per i colori e la tecnica, ma delude per il suo poco spessore. E visto che i dineros contano bisognava per forza coinvolgere Harrison Ford e, visti i mezzi utilizzati, allungare il brodo della pellicola a due ore e quaranta.