Il monito arriva ed è bello “grosso” sul caso di Fausto Brizzi: il direttore di Novella 2000 Roberto Alessi su Instagram ha invitato una netta prudenza sul caso del regista romano nella bufera per le presunte accuse di molestie subite da tanti attrici del panorama italiano nel affaire “Weinstein Italiano”. «MOLESTOPOLI. Occhio a mettere alla gogna il regista Fausto Brizzi. A suo tempo fu fatto lo stesso con Gigi Sabani. C’è pure morto ed era innocente». Il ricordo del direttore di Novella 2000 è importante perché prova a mettere il freno, con onestà intellettuale, ad un fenomeno poco “simpatico” tanto quanto il contenuto delle presunte azioni che avrebbe fatto il regista misterioso e che alcuni ritengono possa essere proprio Brizzi. Il caso di Gigi Sabani infatti è lì che “osserva” i tanti senza memoria, i tanti che dalle drammatiche vicende del recente passato non sembrano aver imparato alcunché. Se Brizzi è colpevole e se verrà accertato dovrà pagare per le sue colpe, ma fino ad allora costruire un circo mediatico tutto contro il regista romano solo perché siamo immersi nell’enorme “affare-molestie” in seguito al caso Weinstein è tanto aberrante quanto pericoloso. Gigi morì nella solitudine della sua famiglia e dei pochissimi amici che gli erano rimasti vicini a 54 anni, nel 2007 dopo che passò una dei peggiori errori giudiziari nell’era post-Tortora (capostipite degli errori compiuti contro personaggi famosi travolti poi da un ingiusto coro mediatico unanime di accuse).
IL TRAGICO ERRORE GIUDIZIARIO
Nel 1996 Gigi Sabani fu coinvolto in una vicenda giudiziaria in cui si parlava di truffa a fini sessuali e induzione alla prostituzione: fu arrestato, ne uscì con un’archiviazione del procedimento e un risarcimento. Perse però tutto: lavoro, amici, salute, fu il primo processo in stile “vallettopoli-molestopoli” di cui oggi ben conosciamo limiti, rischi e conseguenze. Il problema è che Sabani fu innocente, tirato in mezzo da calunnie e falsità che lo portarono purtroppo a perdere la salute e la speranza di tornare a lavorare in tv come aveva sempre fatto: morì d’infarto e come disse all’epoca Valerio Merola «Questa morte ha una firma». Il riferimento è al pm che indagò sul caso giudiziario sui provini a luci rosse: come riassunse Repubblica dopo la morte di Sabani, al centro della storia fu la scuola per modelle “Celebrità” di Biella, che avrebbe ospitato incontri privati fra le ragazze e uomini di spettacolo con l’obiettivo di ottenere contratti al cinema o in tv. «Truffa a fini sessuali e induzione alla prostituzione: con queste motivazioni Sabani viene arrestato all’alba del 18 giugno del 1998. Lo mettono nei guai le dichiarazioni dell’allora minorenne Katia Duso, aspirante showgirl, che racconta al pm di approcci sessuali con Sabani, a Roma, nell’estate 1995, in cambio della promessa di un aiuto per lavorare nello spettacolo», si leggeva nelle cronache di quell’epoca. Sabani viene scarcerato il 1 luglio dello stesso anno, fece 13 giorni di carcere che gli tolsero di fatto tutti gli amici e la fiducia nelle sue piene dosi di sincerità. «Come morire a occhi aperti. Vedi quello che ti succede e non puoi farci niente. Anzi, una cosa la puoi fare: conti i buoni, pochissimi. La famiglia, poi Lino Banfi, Gianni Morandi, Arbore, Celentano, Cutugno e Maurizio, sì Costanzo, più degli altri. Poi i cattivi, cioè quasi tutti. Perché l’ambiente è una m…da», spiegava in un libro-intervista Sabani prima della sua morte. Oggi il caso Brizzi è mille chilometri lontano ovviamente per contenuto e vicende, ma resta l’avviso forte lanciato da Alessi: occhio ad arrivare a conclusioni affrettate e senza prove, il passato parla abbastanza…