Il primo settembre del 1939 la Germania invade la Polonia, scatenando il secondo terribile conflitto mondiale. L’avanzata nazista scatena violenza e devastazione, seminando terrore in tutto il Paese. In una Varsavia bombardata dagli aerei tedeschi, Antonina e Jan Zabinski resistono all’interno dello zoo della città, gestito fino a quel momento con passione e dedizione. Sopravvissuti alle bombe, i due coniugi, insieme al proprio piccolo figlio, ottengono il permesso di allevare maiali, fonte di sostentamento per l’esercito tedesco e via di sopravvivenza per lo zoo. Nelle gabbie vuote degli animali, al riparo dagli occhi dei nazisti, Antonina e Jan troveranno il coraggio di ospitare intere famiglie di ebrei, fuggite dalla persecuzione omicida dei tedeschi, rischiando la propria vita e quella del proprio figlio.



La signora dello zoo di Varsavia è un’altra grande storia di eroismo ai tempi dell’olocausto nazista, una pagina di orrore e umiliazione dell’uomo, in quanto uomo. Un esempio di coraggio, quello di Jan e Antonina Zabisnka, che merita attenzione, ammirazione e rispetto. In un clima di terrore, in molti rischiarono la propria vita per quella degli altri, senza curarsi del rischio personale e familiare, come fecero gli Zabisnki. Al centro la città di Varsavia, uno dei luoghi più devastati dalla persecuzione nazista che nel 1943 chiuse il ghetto ebraico, per poi deportare migliaia di famiglie verso la morte.



Niki Caro, regista neozelandese di lunga data, porta al cinema l’omonimo romanzo di Diane Ackerman, basato sui diari di Antonina, scritti durante la guerra, guidandoci con passione e compassione al suo fianco, mostrandone tutta la lucida determinazione e la profonda sensibilità che la portò a sfidare la sorte, difendendo uomini e animali, accomunati tristemente da un’esistenza in gabbia. Privi di libertà, privi di futuro, privi di speranza. In attesa di una morte annunciata.

Il film ci accompagna in mezzo agli eventi, in balia degli umori nazisti, sul filo degli equilibri politici e dei capricci autoritari del sottobosco militare squadrista. Il racconto che la regista Caro sceglie di portare sullo schermo è molto classico, lineare, a tratti scontato. Una grande storia da raccontare, un po’ sciupata nelle mani di una regia che non convince del tutto, penalizzata da eccessi formali e manieristi.



Si apprezza l’interpretazione, sentita e multiforme, di Jessica Chastain, che dà vita a un personaggio intenso, capace di dialogare con l’autorità, di consolare gli oppressi e di rassicurare gli animali, in mezzo al fuoco dei bombardamenti. Un film scritto e diretto da donne, che non strappa il cuore, né la rabbia, né la paura. Non gioca sui sentimenti di una materia di per sé drammatica e commovente, preferendo la via della ricostruzione storica e della dignità, sofferente e misurata.

Eroi celebrati in silenzio, acclamati nelle buie stanze di uno zoo da 300 ebrei graziati dalla sorte e dal coraggio. Antieroi spietati e un po’ stereotipati, condannati dalla storia e ritratti onestamente, senza guizzi di originalità. Un racconto semplificato, orgoglioso e doveroso, solo a tratti emozionante, di cui si applaude il tema ma non il suo svolgimento. Una storia complessa e memorabile, che non coglie né sviluppa la riflessione sulla bestialità dell’uomo, ingabbiato in uno zoo di uomini e animali e che finisce per non lasciare alcun segno cinematografico.