Siamo in Inghilterra, sul finire degli anni ‘50. Aristides Leonides, uomo di potere e di immense ricchezze, viene ritrovato morto in circostanze misteriose nella sua ampia tenuta, abitata da una folta discendenza, interessata all’eredità. A guidare le indagini il giovane investigatore privato Charles Hayward, coinvolto dalla nipote Sophie (conosciuta e amata qualche anno prima) per evitare l’interessamento ben più “notiziabile” di Scotland Yard. Tra confidenze e interrogatori, dubbi e prove apparentemente inconfutabili, Hayward cercherà di trovare il colpevole, facendosi strada tra le gelosie e i rancori di tre generazioni di parenti serpenti.



Torna al cinema Agatha Christie, l’autrice più venduta al mondo, regina del genere giallo e dell’enigma letterario. “È un problema” (a cui è ispirato Mistero a Crooked House) è l’opera che lei stessa disse di preferire, tra i suoi 66 romanzi, alcuni dei quali divenuti celebri anche grazie al contributo del cinema: Dieci piccoli indiani, Assassinio sull’Orient Express, Assassinio sul Nilo, Delitto sotto il sole, Assassinio alo specchio, Testimone d’accusa e molti altri. Si tratta di opere classiche, narrate spesso con gusto classico e stile british che, a tratti, hanno impolverato il genere di una patina di nostalgico classicismo.



Con Mistero a Crooked house Gilles Paquet-Brenner, regista e sceneggiatore francese sopra i quarant’anni, con all’attivo pochi film di scarsa risonanza, trova un registro originale e personale. Nel narrare la storia di una famiglia inglese benestante sceglie la via stravagante di altri autori più contemporanei, proponendo scenari surreali, colorati e barocchi, che segnano il confine, visivo e psicologico, dei mondi dei molti protagonisti e, al tempo stesso, indiziati. Sono uomini e donne devastati da emozioni oltremodo represse, esplose violentemente alla morte di Aristides, padre, padrone e patriarca di un impero economico, burattinaio della vita di un’intera corte sottomessa e lacerata, uomo ingombrante da vivo, da malato come da morto.



Attorno a lui un concentrato di desideri, dolori e passioni: avidità, gelosia, odio, ammirazione, vendetta, delusione, venerazione. Emozioni che portano la storia a confondere se stessa in un labirinto di possibilità e sospetti che tutti comprende e nessuno esclude, come nella più classica delle storie di Agatha Christe, lacerata nei dubbi dell’assassino, sempre che un assassino esista davvero.

La sfida, perdente e appagante, alla ricerca del colpevole comincia dalle prime scene e prosegue fino alla fine, in un alternarsi di sospetti che incastrano e scagionano i molti possibili imputati. Ma Gilles Paquet-Brenner, fedele alla vicenda dell’autrice britannica, non si limita ai fatti e ci introduce con garbo nei meandri delle esistenze insoddisfatte e immorali “alla corte del re”.

L’impianto complessivo è interessante e ben godibile, seppur al ritmo di un giallo senza thriller, che si impossessa della scena con pazienza, lasciando maturare le risposte attraverso personaggi non scontati, ben caratterizzati nelle loro ansie quotidiane, nei desideri frustrati e nei sogni affondati. Dotato di una personalità visiva distintiva, il film rifugge dal modello classico e dalla data originale degli eventi, i ‘40, per proiettarci in una ben più interessante epoca, i ‘50, all’alba di una rinascita londinese trascinata dalla febbre del rock e della ribellione che imbeve di vivace passione i due più giovani protagonisti, parte integrante del coro dei colpevoli.

Bravi anche gli attori, di ogni età e fama, che si feriscono a distanza con le lame nello sguardo, per colpirsi a morte con parole feroce, sprezzanti e malvage nella resa dei conti del conviviale e rancoroso pranzo.

Volete scommettere anche voi sul colpevole?