Buon per noi che non sia andato a Stoccolma… Altrimenti, il rischio di tornare dalla Svezia dopo aver annunciato al premier scandinavo Stefan Löfven l’introduzione, nei nostri programmi scolastici di educazione artistica, dell’ora… di quadro svedese, sarebbe stato davvero altissimo! A chi ci stiamo riferendo, direte voi? Ma al nostro presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il quale ha compiuto, la scorsa settimana, una visita di Stato in India. Firmando, in quell’occasione, un memorandum, concertato con il capo del Governo di New Delhi, Narendra Modi, in base al quale si prevede l’insegnamento dello yoga durante le ore di scienze motorie. L’annuncio era nell’aria, visto il feeling sorto fra i due: Gentiloni è un primo ministro dai modi assai garbati e Modi è un premier molto gentile. Lo stesso Modi, d’altro canto, è sempre stato un assiduo praticante, seppure recentemente ha dovuto ammettere che gli impellenti e pressanti impegni politici legati alla sua carica istituzionale non gli consentono un sufficiente e quotidiano esercizio. Pare abbia detto di se stesso che ultimamente “yoga poco, ma yoga”.
Restando sul pezzo, ci assalgono però un paio di impellenti quesiti: sarà possibile a questa tecnica orientale di meditazione, che aiuta a “rilegare” corpo e mente, sbarcare nelle nostre aule in tempi ragionevoli? E soprattutto: che cos’è lo yoga, di preciso?
Per rispondere ci affidiamo, more solito, allo Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo persino a numerosi maestri yogi, intenti e assorti nelle loro meditazioni e nelle loro eccentriche posture, perciò neppure minimamente distratti dalle perlustrazioni domestiche dello Zingarelli stesso nelle loro umili magioni (umili soprattutto dopo il passaggio del “nostro”). “Va subito precisato – chiosa lo Zinga con saggezza orientaleggiante – che le posizioni dello yoga si chiamano asana, a motivo di un antico e ancor oggi venerato proverbio sanscrito, che recita così: Mens asana in corpore asano“. La sua voce, calma ma stentorea, prosegue a illuminare le nostre povere menti annebbiate: “Lo yoga è una pratica ascetica: stendere a lungo le braccia e protenderle verso l’alto, infatti, fa molto bene alle ascelle”. (Detto ciò, lo Zinga si immerge in un tantrico e meditativo mantra, lasciandoci tuttavia con qualche incertezza circa le origini di questa pratica distensiva e rasserenante).
Cosa succederà, dunque, adesso? Sullo Zinga non abbiamo dubbi, mentre sulle promesse del nostro primo ministro ci sorge più di una riserva. Possiamo tuttavia ipotizzare che la solerte burocrazia ministeriale ci metterà del suo. Secondo voi, sarà così scontato introdurre l’ora di lezione di yoga uguale per tutti gli studenti, dalle Alpi allo Stretto? Più che difficile, improbabile! Volete che gli assessorati regionali all’istruzione non facciano a gara nel voler rivendicare una sorta di “federalismo yogico”?
Per esempio, siamo già venuti a conoscenza di alcune scuole italiane di tecniche yoga che vorrebbero proporre nuovi asana, posture adattate alla nostra bimillenaria cultura mediterranea. Vorremmo qui segnalarvi, tra le altre e in rapida successione, la posizione TREVISANA (detta del radicchio rosso), la MOLISANA (dello scolapasta), la MARTESANA (della pantegana in un canale della Bassa milanese, accontentando così la Maria Vittoria Brambilla e tutti gli animalisti), la GARDESANA (posizione detta anche “a barca a vela con ormeggio a Gardone”), la TISANA (della tazzina fumante su un piattino) e la PISANA (posizione della torre pendente – complicatissima, praticabile solo da adepti espertissimi – che pende che pende e che mai verrà giù).
Tra disciplina millenaria e moderna spiritualità, tra nuove posture e stili di vita tanto antichi quanto illuminati, tra ayurvedica e chakra, siamo pure venuti a conoscenza dell’esistenza dello “yoga della risata”. È una tecnica yogonda che abbina lo yoga classico alla semplice e straordinaria idea che ridere fa bene alla salute e che non è necessario un motivo scatenante per farlo. Il semplice mantra “porta il tuo corpo a ridere e la tua mente lo seguirà” riassume molto bene la filosofia e la pratica di questa disciplina indù (termine, ça va sans dire, che implica il fatto che debba essere praticata in coppia). E dunque persino due… orsi come noi potrebbero trovarsi perfettamente a proprio agio. Perciò oggi cercheremo di essere due maestri yogi della risata. E chiamateci, con rispetto, Yogi e Bubu!
P.S.: E voi, cari 25 lettori, siete d’accordo sull’introduzione dello yoga nelle ore di ginnastica? Su, prendete… una posizione e scrivete una mail a “[email protected]” (l’asana CASELLA POSTALE è una postura dello yoga della risata molto difficile, perché impegna tutto il corpo… da Cap a piedi!)