Gaetano Di Vaio all’età di 49 anni ha già vissuto almeno due vite, la prima sulla strada, la seconda quella attuale nella quale racconta la precedente con i film. Produttore di successo, oltre a pellicole del calibro di La-bas – Educazione criminale e Per amor vostro, il suo nome spicca soprattutto per la serie di Sky, Gomorra. Ancor prima, però, baby criminale in una Napoli in cui, all’epoca, la politica “sbranava” le risorse destinate ai ragazzi. “Era la Napoli degli scugnizzi, che oggi non c’è più”, racconta Di Vaio in una intervista a Quotidiano.net. Da bambino viveva in una casa occupata a Scampia, prima che mandassero l’esercito a scacciarli. “Si diceva che i soldati arrivavano da molto lontano, dallo Stato italiano. La maggior parte della gente di periferia non ha fiducia nello Stato e non solo a Napoli”, tuona senza mezzi termini. La sua vita non ama definirla una storia di riscatto ma piuttosto di emancipazione. “Eravamo 10 fratelli, i miei genitori dovettero mandare alcuni figli in collegio per farci avere un bicchiere di latte e studiare. Ma nel collegio eravamo 400 ragazzini, figli di una Napoli dolente, e subivamo soprusi e violenze. Così io scappavo”, ha raccontato.



GAETANO DI VAIO, GLI ANNI DA BABY CRIMINALE A NAPOLI

La vita che da giovanissimo conduceva a Napoli era del tutto differente da quella che poi gli si sarebbe proposta diversi decenni più tardi. Gaetano racconta di essere stato costretto a realizzare piccoli furti (stereo, gomme di scorta…) per procurarsi da mangiare, finendo però puntualmente nelle case di rieducazione. Poi arrivò il riformatorio, in seguito ad un furto d’auto compiuto dopo i suoi 14 anni. Crescendo però Di Vaio fece fatica a mettere la testa a posto, e così sopraggiunsero le rapine e lo spaccio di droga. Appena maggiorenne, poi, fu arrestato in quanto trovato in possesso di 100 grammi di eroina e condotto nel carcere di Poggioreale, l'”Alcatraz italiana”, come la definisce lo stesso produttore. “Finii anche nella Cella Zero, quella delle torture, picchiato con violenza inaudita dalle guardie”, racconta oggi. E per questo iniziò addirittura a pensare di entrare nella camorra pur di poter ricevere adeguata protezione. La svolta nella sua vita avvenne dopo l’arrivo in carcere di un uomo innocente, il quale fu scagionato dalle accuse dopo un anno. Il suo compagno di cella leggeva molto e lo stesso Gaetano rimase particolarmente incuriosito da quei libri. “la sua sfortuna è stata la mia fortuna. Divenne il mio maestro, mi fornì strumenti culturali e l’autostima”, racconta.



DAL TEATRO A GOMORRA

Quattro anni dopo, Gaetano riuscì a lasciarsi alle spalle il carcere e decise di affrontare il mondo esterno buttandosi nel teatro. Qui si unì ad altri ragazzi “difficili” come lui soprannominati ‘I figli del Bronx’: “Portavamo gli spettacoli nelle carceri, nei centri di recupero dei tossicodipendenti, nelle scuole”. Poco dopo fu lui ad organizzare spettacoli fino ad arrivare alla realizzazione della sua casa di produzione, la Bronx Film. “Ed è arrivata la prima stagione di Gomorra dove ho lavorato come attore, dialoghista e alla sceneggiatura”. La serie di successo di casa Sky è stata molto criticata proprio per la violenza narrata. A tal proposito Di Vaio ha commentato: “Purtroppo è Gomorra che copia la realtà”. In qualche modo lui ha contribuito a “salvare” i giovani facendoli entrare nella sua Bronx Film e si è impegnato nella realizzazione della Casa del cinema a Napoli, spazio che permette a tutti i giovani dei quartieri bene ma anche di Scampia, di incontrare attori e registi. “Io sono figlio di Gomorra ma sono andato oltre Gomorra”, chiosa, convinto più che mai a non voler abbandonare la sua città, nonostante le difficoltà evidenti.

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