L’INTERVISTA DI FINARDI A “LA VERITA'”
A quasi quarantuno anni di distanza dall’uscita di “Sugo”, uno dei sui lavori discografici maggiormente apprezzati, il testo del brano La Radio sembra tornare di grandissima attualità per il cantautore Eugenio Finardi. Infatti, in una recente intervista che il 65enne artista originario di Milano ha concesso al quotidiano La Verità, il giornale diretto da Maurizio Belpietro, sembrano echeggiare le parole di quel testo in cui si inneggiava alla libertà e alla possibilità di liberare la mente grazie a una emittente radiofonica. E da qualche tempo Finardi conduce un programma tutto suo sulle frequenze di InBlu Radio, il network di ispirazione cristiana, che si intitola emblematicamente “La musica è ribelle”: “Non mi aspettavo assolutamente di fare il dj nella radio dei vescovi” risponde il cantautore alla domanda a bruciapelo del giornalista, soprattutto alla luce del suo rapporto con la dimensione trascendente: l’autore di “Sugo” (album del 1976 nel quale è contenuta non solo La Radio ma anche Musica Ribelle) non ha mai fatto mistero di non essere credente ma ci tiene a precisare di non essere affatto anticlericale: “Il tempo ha una grande ironia e ora devo dire che questa è stata l’unica radio che mi ha concesso libertà totale” ammette Finardi a proposito dell’emittente della Conferenza Episcopale.
LA RICERCA DEL SACRO ATTRAVERSO LA MUSICA
Durante la breve intervista che Eugenio Finardi ha concesso a La Verità proprio negli studi radiofonici di InBlu, è emerso che la figura che sente “idealmente più vicina” è quella di Papa Francesco e che gli ideali del Pontefice sembrano rispecchiare alcuni temi che lui aveva trattato nel brano Nuovo Umanesimo. Ad ogni modo, pur da non credente, l’artista ha confessato di cercare da sempre la dimensione spirituale, senza la quale “una vita non può dirsi compiuta”: e in questa ricerca ammette di aver trovato un aiuto proprio dalla musica, in particolare quella sacra come lo “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi che rappresenta bene la ricerca del divino insita negli uomini. A proposito invece dello stato di salute del medium radiofonico oggi, in epoca di streaming digitale e dominio di YouTube, Finardi ha spiegato che la radio possiede ancora un carattere poetico e che in un momento in cui si seguono solo le playlist, le scalette dei suoi programmi servono invece a raccontare una storia: “Il mio scopo è allargare gli orizzonti di chi ascolta musica, far capire che questa è un linguaggio legato alla matematica e anche alla fonica newtoniana”, aggiungendo che non crea alcuna barriera.
LA RIFLESSIONE SUL SESSANTOTTO E L’AUTOCRITICA
Infine, l’ultima parte dell’intervista di Finardi ha toccato un argomento invece più delicato e sul quale il cantautore ha espresso una posizione singolare e per certi versi lontana da quella di altri artisti: l’anno prossimo infatti cadrà il cinquantesimo anniversario del Sessantotto e, a suo dire, c’è la speranza che “ci si ricordi di un’epoca in cui c’erano tante cose che valevano più del denaro” ma mettendo in chiaro un aspetto. Infatti, il cantautore critica però le derive estremiste di quel movimento, rammaricandosi per il fatto che “quando il cambiamento sembrava vicino arrivarono le P38 e l’eroina” e la sua idea in proposito è che nell’uomo c’è sempre qualcosa che tende a corrompere e inquinare. Anzi, lui come altri suoi artisti dovrebbero fare autocritica per l’ingenuità di allor, anche se Finardi spiega di aver scritto il brano Extraterrestre anche per quel motivo e chiude il ricordo relativo a quel periodo con una riflessione a proposito di cosa è andato storto alla fine di quell’esperienza sessantottina: “Alla fine ci ha fermato la natura umana perché molti hanno scambiato la libertà con la possibilità di abbandonarsi alla violenza e alla prevaricazione”. Tuttavia, se sono svaniti i sogni di rivoluzione, oggi Finardi conclude dicendo che ciò che rimane è preservare “la bellezza che abbiamo intorno, a vivere con carità” e poi con una punta ironica ammette che “lo so, sono concetti cristiani”.