“Il giorno prima della trasferta di Bologna avevo detto ai miei amici che sarebbe stata una partita speciale, un giorno speciale. Insomma, me lo sentivo…”. Domenica 18 febbraio Gabigol si è sbloccato: primo gol con la maglia dell’Inter, primo gol al Bologna, proprio come Ronaldo! Un evento beneaugurante che ha esteso i suoi effetti al di fuori dell’orbita nerazzurra: così, nei giorni seguenti il suo esordio da marcatore in serie A, l’Unione europea ha sospeso la procedura d’infrazione contro l’Italia per il suo elevato debito pubblico, Michele Emiliano ha annunciato di essere disposto a rimanere nel Pd e il Brasile ha deciso di posticipare il suo famoso Carnevale, quello di Rio, al primo rientro utile del suo giovane campione in patria. Intanto lui, Gabriel Barbosa, detto Gabigol, ha promesso a Pioli e a tutta la tifoseria “bauscia” che profonderà ancor di più il suo impegno in allenamento e in campo, quando sarà chiamato alla contesa, come domenica sera contro la Roma. Ipse dixit. Ma al cospetto dei giallorossi i risultati non sono stati pari a quelli conseguiti la settimana prima contro la squadra allenata da Donadoni.



Campione, dunque, o ciofèca? Più simile al mai abbastanza rimpianto Luis Nazario da Lima (in arte Ronaldo) o al tanto vituperato Darko Pancev? Chi sia in realtà Gabriel Barbosa, detto Gabigol, non è ancora ben chiaro; noi possiamo cercare di dipanarne il mistero, ricostruendone la biografia.

Gabriel Barbosa Almeida, noto semplicemente come Gabigol, è nato a São Bernardo do Campo (i santi, come vedremo, sono una delle sue grandi passioni) il 30 agosto 1996 da mamma Gabriela El Gabèc (bisnonni originari di Gabicce a Mare, provincia di Pesaro e Urbino; si noti che il cognome non è di origine marocchina, ma è il termine dialettale con cui i nativi chiamano la nota località marina italiana) e papà Caligol Barbosa (Caligol come il nonno, originario di Afragol, provincia di Napoli: uno strafottente mattacchione dagli atteggiamenti tra il guascone e il folle), barbiere come suo padre, il padre di suo padre, il padre del padre di suo padre, su su a risalire per tutto l’albero genealogico della famiglia Barbosa. Di barbe, Gabriel non ne raderà poi molte, nel corso della sua ancor giovane vita. Imparerà quasi subito, però, a far la barba ai pali (interni, perciò: palo, gol!) delle porte.



La passione per la pelota, che il padre trasmette sin da subito al piccolo Gabriel, lo trasforma in un accanito divoratore di calcio: a quattro anni inghiotte nove palline del Subbuteo dopo una clamorosa vittoria ai rigori contro lo zio paterno Penalty Barbosa (la successiva lavanda gastrica rimette a posto le cose); a cinque è già un lettore accanito (il ruvido nonno Tackle Barbosa gli ha fatto imparare a leggere e scrivere assai precocemente) di Lance!, il principale giornale sportivo brasiliano; a sette anni vive il suo primo contatto vero con un campo di calcio: ne resta affascinato per via della sua forma, un bel rettangol verde. 



A nove anni Gabriel, durante la trasmissione Chutando com as estrelas (“Calciando con le stelle” presentato dalla mamma del calciatore Roberto Carlos, la famosissima Milly Carlucci), stabilisce il record di palleggi: 48 minuti senza interruzione. Qualcuno di voi storcerà il naso: in Europa ci sono funamboli che sanno fare di meglio. Sì, ma non con tre palloni contemporaneamente! A 10 anni, la sua abilità con la sfera di cuoio e le competenze agiografiche fuori dal comune (mamma Gabriela, donna piissima, lo spinge a conoscere a memoria le biografie di almeno 125 santi verdeoro) lo portano direttamente al… Santos (lì si gioca come in Paradiso), dove vince due volte il campionato Paulista (2015 e 2016), venendone eletto “Miglior rivelazione” nel 2015; ciliegina sulla torta, la Nazionale, con la quale vince nel 2016 la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio. Infine, il 30 agosto dell’anno scorso, dopo un inseguimento durato parecchi mesi da parte del direttore sportivo Piero Ausilio (e grazie all’ausilio dei suoi contatti sudamericani) viene ufficializzato il suo passaggio all’Inter. Il resto è cronaca, fino al gol di Bologna.

Biografia breve, dunque, ma già intensa. Alla quale si può aggiungere solamente un pizzico di gossip: pargol nient’affatto discol, grazie a un fisico niente male e assai curato, non ha mai fatto fatica a essere costantemente attorniato da un gran nugol di ragazze.

E ora che è nel nostro Paese? Ovviamente, oltre ad abbeverarsi di tattica (arte in cui noi italiani siamo maestri), ha imparato ad apprezzare la nostra cucina. Basta con la tipica feijoada (carne e fagioli), ora a tavola non rinuncia più al vero piatto da attaccante affamato di gol: gli spaghetti… con le vongol!