I cartoni animati, come le fiabe, non hanno solo il valore di divertire e intrattenere o magari educare i bambini. Hanno, forse soprattutto, il valore di ponte tra il bambino e il mondo, come fonte di comprensione e comunicazione. Sono in un certo senso i racconti mitologici del mondo moderno, dal XX secolo in poi: spiegano attraverso rappresentazioni e metafore la realtà incomprensibile. A darne un’evidenza “paradossale” è Life, Animated, documentario di Roger Ross Williams nominato ai prossimi Oscar e arrivato nelle nostre sale.
Il paradosso del film è l’età del protagonista: Owen è un ventenne. Ma dall’età di tre anni soffre di una forma di autismo regressivo che gli aveva debilitato le capacità motorie e comunicative. Finché la sua ossessione per i film animati della Disney non gli ha permesso di comunicare, di esprimere parole e concetti, di far tornare a crescere le sue capacità. E attraverso il cinema d’animazione, Owen, i genitori e il fratello hanno cominciato a ricostruire una nuova vita, animata.
Ispirato dal libro di Ron Suskind, giornalista e padre di Owen, Life, Animated racconta prima l’infanzia di Owen e la lotta dei genitori per riportare il figlio alla vita e al mondo da quella sorta di buio che la malattia aveva creato e poi si concentra – ed è la parte più interessante e meno facile emotivamente – sul percorso di vita di Owen nel momento in cui sta per affrontare la sua sfida più grande: andare al college, vivere da solo, affrontare le relazioni umane e affettive senza il costante sostegno genitoriale, ma potendo sempre contare sui film Disney: e infatti il film è un documentario che non si nega bellissime animazioni realizzate da Mac Guff che non solo fanno da collante estetico al film, ma simboleggiano la maturazione di Owen attraverso la maturazione dei tratti, del disegno, dei colori rispetto all’infantilismo disneyano.
E questa storia naturalmente emozionante, che Williams descrive con pudore senza calcare troppo la mano degli effetti retorici, diventa anche un piccolo trattato “neuro-scientifico” su come lavora la mente di un bambino e di un ragazzo, su come percepisce la realtà attraverso la rappresentazione artistica e come si appropria di quella rappresentazione per usarla nella vita comune: Life, Animated afferma con forza che non solo il cinema può cambiare la vita delle persone, ma che aiuta a formare modelli di pensiero, linguaggio, interazione sociale fin dalla tenera infanzia.
Williams quindi non racconta solo la passione di Owen per Disney, ma la scava, va a fondo, guarda il ragazzo negli occhi per cogliere dentro di lui il modo in cui film come Aladdin, Il re leone, Peter Pan e Il gobbo di Notre Dame abbiano formato il suo carattere, la sua personalità e anche il suo ruolo nel mondo attraverso la consapevolezza di sé: una delle scene più belle mostra il parallelo tra i racconti dei bulli che prendono di mira Owen e l’umiliazione pubblica di Quasimodo facendo sorgere in Owen la coscienza del suo essere un gregario, una spalla (sidekick in inglese) rispetto all’eroe e di avere bisogno di un medaglione che protegga le spalle (i genitori, gli insegnanti, l’amato fratello).
Life, Animated è una delle migliori espressioni del documentario classico americano degli ultimi anni, capace di stabilire una comunicazione forte con lo spettatore mescolando emozione umana e scienza, chiarezza e complessità, utilizzando gli inserti animati con intelligenza e bella capacità creativa (ricordando un film meno conosciuto ma molto bello come The Dark Side of the Sun di Hintermann e Ceccotti): perché anche gli adulti e i registi, come Williams, hanno bisogno di un disegno e di un’animazione fantasiosa per capire come affrontare la realtà e la vita.