Questione di karma, il secondo film di Edoardo Falcone, attesta senza dubbio che la sua prima opera da regista, Se Dio vuole, non era riuscito molto bene grazie alla cosiddetta fortuna dei principianti. Infatti, bisogna ammetterlo, si è di fronte a una nuova stella tra i registi italiani, e anche l’ora che venissero girati film, veramente, originali. La storia di questa seconda pellicola affronta un tema quanto mai importante, ma anche bistrattato: la paternità e il tempo che scorre portando nuove sfide all’orizzonte. 



Ad affrontare il percorso verso la maturità c’è Giacomo, uno strambo erede di una famiglia di industriali che si è trovato ricco e senza responsabilità quando suo padre Ulisse si è suicidato lasciandolo solo a godersi i suoi soldi a quattro anni. Giacomo ha il volto del noto Fabio De Luigi, che in questa rappresentazione cinematografica raggiunge un nuovo e più alto livello di recitazione. De Luigi riesce infatti nel difficile intento di mostrare la bontà e la profondità d’animo del suo personaggio senza farlo sembrare banale, né stupido agli spettatori. 



Fin dall’inizio si va a creare un feeling tra il pubblico e questo ragazzotto di quarant’anni ormai che, grazie a un libro e a uno strano incontro con un esoterista, finisce per credere che suo padre si è re-incarnato in un certo Mario Pitagora di Roma. Ovviamente non è vero, ma Mario, sfortunato truffatore che si barcamena tra un lavoretto e un prestito pericoloso, si approfitta del buon Giacomo cercando di spillargli i soldi che gli servono per sistemare i suoi numerosi guai.

Tra i due andrà a crearsi uno strano legame in cui tra una gag e l’altra ognuno insegnerà, quasi involontariamente, all’altro a essere più serio verso la propria vita. Giacomo sarà quindi spronato a dedicarsi per la prima volta nella sua vita al lavoro, mentre Mario sarà convinto a riprendere in mano la sua vita familiare e i suoi problemi economici.



Se la trama può sembrare apparente semplice, sono le scelte del regista che rendono la pellicola delicata, intelligente e spiritosa. Solo un grande regista poteva pensare di affidare una parte così impegnativa a Fabio De Luigi, smarcandolo, anzi liberandolo, dal ruolo di macchietta comica che si era andato a costruire nel tempo. E ancora, solo una persona che vuole veramente creare qualcosa di nuovo potrebbe mettere Elio Germano nei panni di Mario Pitagora. Proprio Germano che ormai si è abituati a vedere in ruoli drammatici e impegnativi, basti ricordare Il giovane favoloso, sarà il furbo romano che si barcamena tra mille problemi, rifacendosi alla bella commedia dei gloriosi anni ’60 e ’70 del cinema italiano. Questo strano duo aziona una felice e fortunata dinamica che andrà a ridestare dal torpore i personaggi secondari, interpretati in maniera professionale e appassionata; spicca in particolare Stefania Sandrelli nel ruolo della svampita madre di Giacomo.

Non ci si può che augurare che il vortice di vita che hanno scatenato Giacomo e Mario si propaghi anche oltre la dimensione della loro storia, andando a colpire oltre gli spettatori, anche il mondo del cinema che ha bisogno di comprendere proprio l’insegnamento che Giacomo conquista durante questa storia: il tempo passa e bisogna dare risposte nuove a problemi nuovi; e, soprattutto, non si possono dare risposte astratte, ma generare una vita nuova, partendo da sé. 

Tutto questo è ben rappresentato proprio da Edoardo Falcone che ha generato due capolavori, senza rinunciare alla delicatezza e a un’ironia delicata, di quella che non fa ridere a squarciagola, ma che si adagia piano nel cuore rendendoci più simili al buon Giacomo.