Nella Cina del XV secolo, la Grande muraglia protegge l’Impero dai nemici esterni, alcuni reali, altri leggendari. Come i Taotie, risvegliati dagli dei per punire l’avidità degli uomini, che ogni sessant’anni compaiono sulla Terra seminando morte e distruzione. I cinesi hanno creato un esercito straordinario per combatterli, diviso in squadre pronte a qualsiasi sacrificio. E hanno un’arma segreta, la “polvere nera” che causa esplosioni micidiali. La polvere è anche l’oggetto del desiderio di due mercenari europei, William (Matt Damon) e Tovar (Pedro Pascal), che hanno attraversato i vasti spazi deserti a cavallo e finiscono per essere catturati dai guerrieri dell’Ordine Senza Volto, l’esercito cinese a protezione della muraglia. Nessuno si fida dei due stranieri, finché non dimostrano un’abilità straordinaria nello scontro con le creature mostruose e non si scopre che possiedono un oggetto in grado di contrastare la minaccia: un magnete che fa addormentare i Taotie.
Da questo momento in poi, la trama è fin troppo lineare: insieme a un altro europeo prigioniero dell’esercito, Ballard (Willem Dafoe), i due progettano di rubare la polvere e scappare, ma la bella condottiera Lin Mae (Tian Jing) scalfisce il cuore di William, che comincia a chiedersi per cosa valga la pena di combattere.
Si è parecchio discusso sul kolossal di Zhang Yimou, che ha raccolto pareri contrastanti. In realtà, non bisogna dimenticare che The Great Wall è prima di tutto una storia epica, da cui ci si aspetta il classico scontro tra bene e male. In questo caso, il male è rappresentato da un esercito di mostri che, in un certo senso, ricordano gli orchi de Il Signore degli Anelli, mentre il bene è incarnato dall’esercito pronto a sacrificarsi per la difesa dell’umanità. William è l’eroe che cambia, che trova un motivo per lottare e che impara il valore della fiducia e dell’alleanza. Peccato che cambi un po’ troppo in fretta.
Siamo certamente molto lontani dai film precedenti diZhang Yimou, da Lanterne Rosse a Hero e La foresta dei pugnali volanti, per non parlare del poetico Lettere di uno sconosciuto. The Great Wall ricorda piuttosto i film fantasy degli ultimi anni, con una trama classica, effetti speciali stupefacenti e una colonna sonora ad hoc. Contiene elementi tipici del Wuxia, il genere cappa e spada all’orientale, e gioca moltissimo sugli aspetti tecnici, sul 3D, sul contrasto tra i colori e sulla fotografia spettacolare. A farne le spese, però, è l’aspetto umano: i personaggi sembrano scolpiti con l’accetta, privi di fantasmi passati e di vere emozioni, eroi di ghiaccio che non vacillano di fronte ai mostri.
Nelle storie epiche, al di là dell’azione, delle battaglie e dei pericoli, sono le storie individuali degli uomini che si trovano in mezzo a eventi più grandi di loro a colpirci. Qui manca quel “qualcosa” in grado di catturare le emozioni, ma non solo: l’alone di mistero che avvolge la muraglia cinese, una delle meraviglie del mondo, poteva forse essere sfruttato per dare vita a una storia più complessa e suggestiva. Resta un film di grande impatto visivo e senza attimi di noia, ma con poco cuore.