La morte di Tomas Milian ci ha privati di un grande personaggio. Er Monnezza è stato, ed è tuttora, il simbolo di un mondo che non c’è più. Nell’ultima intervista esclusiva rilasciata a Giancarlo Dotto per Diva e Donna, avvenuta poco dopo la decisione di Obama di togliere l’embargo a Cuba, paese d’origine di Milian, l’interprete raccontò tutta la sua vita, compresa l’infanzia travagliata. A condizionarla negativamente una madre “molto fredda. Non mi ha mai baciato”, ma soprattutto un padre che decise di suicidarsi davanti a lui, allora dodicenne:”Ho paura di entrare nella sua testa. Puntò prima l’arma tremante su di me, poi si è sparato in petto. Lì si è fermato Tomas. Ho cominciato a correre, a scappare, ma non me ne sono mai andato veramente da quella stanza. Sono diventato padre di mio figlio, senza essere mai stato figlio di mio padre”. Tomas Milian racconta anche di non essere mai stato tentato di ripetere quel gesto e a salvarlo, forse, è stata la macchina da presa:”Mi ha salvato il cinema. Dove posso ammazzare la gente e non me mettono in galera, anzi, me danno pure un sacco de soldi”.
-Chi era Tomas Milian? Semplicemente Er Monnezza? Probabilmente l’interprete cubano ha vissuto il suo ruolo come una seconda pelle, ma come uomo, prima di morire, ha anche saputo vivere di sentimenti veri. A conquistare il suo cuore fu una donna di cui, nell’ultima intervista a Diva e Donna prima della morte, parlava con rimpianto:”Hilda. È l’amore più puro che ho avuto. Lavorava in una tintoria, una ragazza umile, io uno stronzo borghese, m’innamorai un po’ di lei. Ma era negra e mia madre era razzista. “Tu a me un negretto non me lo porti a casa”, così mi diceva…”. La dichiarazione d’amore più commovente, però, è quella per il nostro paese. Pur essendo nato a L’Avana, infatti, Tomas Milian si sentiva italianissimo, anzi, romano::”Io sono romano de sette generazioni (ride). Perché io sono er Monnezza e lo sarò per il resto della mia vita”. Parole che rilette oggi, a pochi giorni dalla morte, non possono non emozionare.