La morte di Emanuele Morganti deve ancora essere chiarita in più punti, ma gli inquirenti in queste ore stanno aumentando l’impegno per dare una chiara risposta a riguardo. Sia alla famiglia che all’Italia, partecipe della tragedia avvenuta in Ciociaria giorni addietro. In manette Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, arrestati in tempo record dalle autorità ed individuati come i responsabili dell’omicidio. Questa sera, mercoledì 29 marzo 2017, Chi l’ha visto approfondirà il caso nella sua nuova puntata. A far accapponare la pelle è tuttavia il movente che avrebbe scatenato il tutto e che inizialmente era stato individuato nella lite avvenuta fra Emanuele Morganti ed un gruppo di ragazzi che avevano importunato la sua fidanzata. In queste ultime ore, invece, la tragedia assume contorni più macabri, delineando una violenza ed una crudeltà che lascia sconcertati. 



La dinamica dei fatti con cui è stato ucciso Emanuele Morganti, verrà chiarita maggiormente nelle prossime ore. Questo l’obbiettivo degli inquirenti, che sono riusciti già a delineare molti dei particolari di quanto è successo. L’autopsia è stata effettuata nella mattinata di ieri ed ha aiutato la ricostruzione degli eventi, a partire dall’agguato teso dai due indagati, che hanno colpito di spalle Emanuele, mirando alla testa. Non una, non due, ma più volte. Un pugno a testa, che si è concluso con l’ultimo sferrato presumibilmente da Mario Castagnacci. E’ con questo colpo finale che Emanuele Morganti finisce a terra, privo di sensi, ma la ferocia dei suoi aguzzini non si placa nemmeno in quel momento. Secondo le prime ricostruzioni, sottolinea Il Giornale, Paolo Palmisani avrebbe ucciso la vittima colpeenddolo ripetutamente con un tubo metallico. “Paolo gridava che doveva prendere la pistola e la ragazza [di Emanuele, ndr] cercava di fermarlo”. Così riferisce uno dei testimoni, che ha assistito al momento in cui Palmisani ha aperto la portiera della sua auto ed ha prelevato un tubo metallico. “Mi è sembrato fosse lo strumento che si usa per sbullonare le ruote”, aggiunge, un attrezzo che secondo le sue parole, l’indagato usava prendere “mentre litigava con qualcuno”. 

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