Chiedono giustizia le quattro pazienti transgender mtf – male to female, da uomo a donna, ndr – per le lesioni subite all’Umberto I di Roma durante l’operazione di riassegnazione chirurgica del sesso. Gli interventi, avvenuti fra il 2011 ed il 2012, ha dato vita ad un’inchiesta contro il primario di Chirurgia plastica dell’azienda ospedaliera, un altro chirurgo ed una biologa. L’udienza avvenuta ad inizio di quest’anno ha comportato un rinvio a giudizio, ma il reato nel frattempo si è aggravato. Se ne parlerà questa sera, mercoledì 5 aprile 2017, a Le Iene Show, grazie al servizio di Nina Palmieri. I tre medici sono intanto accusati di omicidio volontario e non colposo, come previsto invece all’apertura del fascicolo, dato che le indagini hanno portato alla luce una storia di sperimentazioni effettuati sulle quattro pazienti, ignare di rientrare in un programma abusivo. L’Agenzia Italiana del Farmaco, infatti, così come il Comitato Etico dell’ospedale, non ha mai dato alcuna autorizzazione ai suddetti test.
La tecnica innovativa a cui sono state sottoposte le quattro pazienti transgender prevede tre step. La prima consiste nel prelievo del tessuto gengivale della paziente, per poi procedere con la coltivazione in laboratorio. Infine l’innesto per formare il canale vaginale. Non si tratta dei primi casi trattati dall’Umberto I, sottolinea L’Espresso, dato che in passato l’intervento è stato eseguito con successo su tre pazienti, nate biologicamente donne, e che per via della sindrome di Mayer Rokitanski Kuster Hauser, rarissima, non hanno sviluppato in modo corretto l’organo sessuale primario. E’ proprio questo uno dei punti che hanno portato all’accusa della direttrice del laboratorio di bologia dell’azienda ospedaliera di Roma. Il medico, infatti, aveva già eseguito la coltivazione cellulare per le prime tre pazienti ed in seguito anche per le pazienti transgender. Sotto accusa anche il primario che ha autorizzato l’intervento, poiché consapevole del rischio della sperimentazione.