Arriverà in tutte le sale italiane, oggi lunedì 1° maggio una delle produzioni cinematografiche più attese della stagione primaverile e, in particolar modo, dagli appassionati di calcio: distribuito dalla Warner Bros. Italia e per la regia di Alessio Maria Federici, “Maradonapoli” è un documentario che prova a indagare e a fare luce sulla poliedrica e controversa figura dell’argentino Diego Armando Maradona, focalizzandosi sui sette anni che hanno visto l’ex Pibe de Oro militare nel campionato italiano a Napoli. 



Prodotto da Cinemaundici e Rancilio Cube, “Maradonapoli” rappresenta la prima incursione nel genere “non fiction” per Alessio Maria Federici. La pellicola è una sorta di documentario atipico che, infatti, si sviluppa seguendo il filo dei ricordi e delle testimonianze che ancora oggi legano la città partenopea al campione del mondo argentino: un viaggio on the road tra gli angoli di quella Napoli che ancora ama il “numero 10” dei tempi d’oro e che, a differenza di altri docu-film, non ha come protagonisti gli amici di Maradona, ex colleghi o gli addetti ai lavori, ma i suoi stessi tifosi e i napoletani, attraverso i cui occhi si articola il racconto cinematografico di Federici. 



In quanto documentario, “Maradonapoli” segue solo un canovaccio di massima e non un vero e proprio percorso narrativo convenzionale. Il “fil rouge” dei ricordi, degli aneddoti (ma anche degli oggetti e reliquie che tutti i napoletani intervistati hanno portato davanti alla telecamera) segue comunque cronologicamente quella che è stata la lunga parabola, durata sette anni, di Maradona con la maglia azzurra. Si parte dal fatidico 30 giugno 1984 con l’arrivo a Napoli dal Barcellona del fuoriclasse argentino in un bagno di folla, e vengono poi ripercorse le principali tappe di quella che è una vera storia d’amore: tra le date simbolo, anche il 10 maggio 1987, giorno del primo titolo tricolore nella storia dei campani, fino ad arrivare al 17 marzo 1991, in cui Maradona risultò positivo alla cocaina dopo un test antidoping e, di fatto, chiuse la sua esperienza italiana. In questo viaggio emozionale è soprattutto attorno agli oggetti e ai segni che si sviluppa la narrazione, ovvero tutte quelle icone laiche che, a distanza di quasi trent’anni, persistono in alcune strade di Napoli o nelle case della gente comune, testimoniando dei giorni in cui Maradona ha portato la città al centro del mondo. Un periodo oramai lontano nel tempo che tutti i protagonisti del documentario ricordano però con un pizzico di orgoglio, ma anche con tanta nostalgia. 



Il documentario di Federici sarà un mini-evento cinematografico, dato che resterà in programmazione in tutte le sale italiane solo per dieci giorni (fino al 10 maggio). A proposito del film, il 41enne regista romano ha spiegato, nel corso della presentazione alla stampa specializzata, che il sottotitolo del docu-film (“La città racconta il mito”) svela la natura della sua opera: infatti, dal mosaico di racconti dei cittadini di Napoli che hanno vissuto la gloriosa epopea a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta emerge come Maradona non sia stato solo un calciatore, ma una sorta di Masaniello moderno. “Non ho approcciato questo film pensando di fare un documentario dato che, a poco a poco, mi sono reso conto che qui a Napoli tutto ciò che fai si trasforma in commedia” ha raccontato Federici, aggiungendo che tra gli aneddoti più divertenti ci sono state alcune riprese purtroppo finite “fuori ciak” per esigenze di durata.