Ritorna richiestissima a Facciamo che io ero anche Marina Abramovic, l’artista contemporanea attiva fin dagli anni sessanta del XX secolo, si è autodefinita “Grandmother of performance art”: il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, ed il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. La lotta, a suon di “performance”, schiaffi e urla, e insieme a Fabio De Luigi. Marina Abramovic poi scende nel pubblico per “tastare” le teste di ogni singola persona, ma riceve solo applausi ed elogi da parte del pubblico stesso. Lina poi ancora una volta ad Anna Oxa che annuncia ancora una volta la sua lotta contro le scie chimiche, le bufale del web, i complotti e i sindacati. Alla fine torna anche Michele Bravi insieme a Fabio De Luigi. Poi un lungo monologo diverte insieme allo stesso De Luigi che le regge il gioco.
Tra le imitazioni che Virginia Raffaele proporrà a Facciamo che io ero c’è anche quella dell’artista contemporanea Marina Abramovic. La donna è molto attiva anche in questo momento pronta a muoversi verso situazioni sempre più varie. Tra queste c’è ovviamente anche quella legata alla degustazione che vedremo tra il 28 e il 29 settembre nelle Langhe. Infatti lì una famiglia piemontese produce vino di qualità da ben tre generazioni. In questa situazione ci sarà una performance proprio di Marina Abramovic che si presenterà per stupire ancora tutti con la sua arte contemporanea. Sarà interessante vedere come questa situazione poi si andrà a ripercuotere sul palcoscenico del momento sicuramente attraverso situazioni molto accattivanti e interessanti. (agg. di Matteo Fantozzi)
Marina Abramovic sarà uno dei personaggi che Virginia Raffaele proporrà nella nuova puntata di “Facciamo che io ero“, il varietà in onda in prima serata su Raidue. Al debutto ha lanciato l’imitazione di Fiorella Mannoia, ma oggi potrebbe essere arrivato il momento dell’artista nata a Belgrado. Non si tratta di un’imitazione “inedita”, perché Virginia Raffaele ha già indossato la “maschera” di Marina Abramovic. Quindi oggi pescherà nel suo repertorio: la comica e imitatrice ha lanciato questo personaggio a Venezia per promuovere il tour “Performance”. Scelse la Biennale come location per far debuttare l’imitazione di una delle più geniali e acclamate artiste contemporanee. «L’ho incontrata due anni fa, è stata una folgorazione, l’ho fatta mia», raccontava anni fa Virginia Raffaele per spiegare come nacque l’idea di imitare Marina Abramovic. Per quello spettacolo pensò ad un gioco di specchi che ruotavano attorno a lei, cosa si sarà inventata invece ora?
La grande interprete di “maschere” esilaranti, Virginia Raffaele, è una grande fan di Marina Abramovic, a cui ruberebbe «la genialità», come ha avuto modo di rivelare ai microfoni di Vanity Fair. Un lungo abito rosso, i capelli raccolti in una treccia: si è presentata così Virginia Raffaele nelle vesti della celebre artista a Venezia. Un gioco di sguardi intenso con i passanti e la parola d’ordine «performance» per mettere in risalto, appunto, la qualità delle sue esibizioni, che in realtà avevano ben poco di artistico rispetto a quelle di Marina Abramovic. La rilettura dell’arte della “Grandmother of performance art” avviene attraverso la lente deformante ed esplicativa della sua ironia. Così in teatro: «Faccio arte contemporanea, non tutti possono fare arte contemporanea. Non tutti possono capire arte contemporanea. Tutti però possono pagare per vedere arte contemporanea. Questo è performance».
È un’artista di grande prestigioso nel panorama dell’arte contemporanea. Nata nel 1946 a Belgrado, si è avvicinata al mondo artistico a 14 anni, quando assiste alla realizzazione di un’opera di un conoscente di suo padre. Dal 1965 al 1972 frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Belgrado, poi diventa insegnante presso un’altra accademia, proponendosi nel frattempo anche come partecipante attiva nel mondo dell’arte contemporanea. Realizza le sue prime performance, con Rhythm 10 del 1973, ad esempio, si concentra sull’importanza dei gesti. In quest’esibizione si serve di venti coltelli e due registratori: fa scorrere una delle lame tra le dita della sua mano e quando si taglia prende un altro coltello, lasciando il registratore attivo. Quando fa ripartire la registrazione, cerca di replicare la stessa situazione con gli stessi gesti, provando a sbagliare nello stesso esatto momento. Nel 1976 si trasferisce ad Amsterdam, dove intreccia una relazione con Ulay, un artista tedesco con cui realizza altre performance. Quando nel 1988 la loro relazione finisce chiudono il loro rapporto camminando sulla Muraglia Cinese. Nel 1997, invece, Marina Abramovic vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con l’esecuzione, Balkan Baroque.