D Tra le storie dei babyboss della camorra che Santoro ci racconterà nel suo film documentario Robinù in onda stasera, 15 giugno 2017, c’è anche quella di Michele e suo fratello, due ragazzi di Napoli che hanno preso strade molto diverse, come ci viene anticipato in un post sulla pagina Facebook di Servizio Pubblico: “#Robinù è anche la storia di due fratelli: uno ha impugnato la prima pistola a 13 anni, l’altro prova a costruirsi un futuro come pizzaiolo. Vi aspettiamo questa sera alle 21 su Rai 2!”. Il post ci propone anche un video in cui ascoltiamo e vediamo i due ragazzi in questione. Il primo, che fa il pizzaiolo, spiega di essere stato minacciato dai rivali dei suoi fratelli e di aver dovuto lasciare Napoli per non finire ammazzato solo per il suo grado di parentela con loro. Dall’altra parte Michele, il fratello carcerato, che considera “morto” il fratello non criminale: “Con me ha chiuso, punto. Lo dovrebbero uccidere, può darsi che lo vada a trovare al cimitero”. Il pizzaiolo spiega così il suo dolore: “Mio fratello carcerato non mi guarda neanche in faccia, vi giuro! Mi sentivo morto! Ero più contento se mi avessero dato una coltellata. Mi manca, Michele mi manca”. Clicca qui per vedere il video.
Approda questa sera, giovedì 15 giugno, alle 21.15 su Rai Due il film documentario di Michele Santoro “Robinù”, che racconta dei babyboss della Camorra. La pellicola è reduce dal grande successo all’ultima Mostra d’arte Cinematografica di Venezia. Uscita nelle sale cinematografiche nel dicembre scorso, ha fatto egistrare il tutto esaurito in molte città come Milano, Napoli e Roma.
Vedremo sullo schermo per la prima volta le facce dei babyboss e ascolteremo il loro racconto, diretto e senza alcuna mediazione, attraverso il quale descrivono un intero popolo giovane ridotto a carne da macello, che ha evaso, nell’indifferenza delle istituzioni, qualunque obbligo scolastico.
I giovani di cui ascolteremo le voci non parlano l’italiano e hanno i denti devastati dalla droga, ma riescono comunque a esprimere sentimenti e passioni. La concezione del mondo che hanno questi “soldati bambino” può essere riassunta da questa frase: “Tu queste cose le devi fare, ora. Perché se vai in galera per vent’anni, esci e hai tutta la vita davanti”.
A 15 anni questi adolescenti imparano a sparare e a 20 sono già killer consumati, tanto da non arrivare spesso ai 30. Attraverso “Robinù” Michele Santoro ci parla quindi di quei ragazzi della “paranza dei bambini” resi famosi dalla penna di Roberto Saviano e lo fa con un toccante documentario selezionato ai Nastri d’argento 2017 nella sezione “Cinema del Reale” e presentato, oltreché a Venezia, all’International Documentary Filmfestival di Amsterdam (IDFA), all’Atlántida Film Festival di Palma di Maiorca e alla 20° edizione del Shanghai Film Festival.
Il film è stato presentato in anteprima nel carcere di Poggioreale, lì dove è stato girato, alla presenza del Ministro della Giustizia Andrea Orlando e con un videomessaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dedicato ai ragazzi protagonisti. La pellicola ci racconta di una Napoli in cui bande di adolescenti si combattono a colpi di kalashnikov in una guerra che conta una sessantina di morti.