Ormai per le major americane siamo tutti polli da allevamento, e il reboot de La Mummia finanziato dalla Universal ne è l’ennesima testimonianza. Siamo di fronte a una rivoluzione nel modo di produrre film che ha dell’incredibile, e questa fino ad adesso ha avuto due esiti: da una parte aumentare gli incassi delle major, dall’altra quella di abbassare drasticamente la qualità delle storie raccontate dai film.
Normalmente per chi scrive recensioni c’è sempre il problema di non fare spoiler, non rivelare sorprese sul film che poi brucerebbero la sorpresa ai lettori che non sono ancora andati al cinema. In questo caso non c’è nessun rischio che questo accada perché il sottoscritto, e come me molti in sala, da un certo momento in poi non hanno capito pressoché nulla della trama, tanto era contorta e senza logica interna.
Quello che si può anticipare sono le informazioni che ormai sanno tutti, visto che i cartelloni pubblicitari sono appesi su muri, autobus e non mancano banner sui siti online. La storia vede come protagonisti il non più giovane, ma sempre con un fisico pazzesco, Tom Cruise, affiancato dalla bella ma non bellissima Annabelle Wallis. Il primo interpreta Nick Morton, un ladro e profanatore di tesori, la seconda veste i panni di un’archeologa di nome Jenny che lavora per una misteriosa società con a capo Russell Crowe. Preciso che questo non è uno spoiler, perché si intuisce quasi subito.
I due amanti scoprono per caso la tomba della principessa egizia Ahmanet, che ha il volto della giovane Sofia Boutella, e decidono di portare il sarcofago a Londra per studiarlo. Dal momento in cui il prezioso tesoro viene caricato sull’aereo si inizia a perdere il senso del film, perché cominciano a spuntare da ogni dove zombie, maledizioni e maledetti, altri mostri e tanto altro che sembra di trovarsi in qualche gioco splatter della Playstation di anni fa.
Lo spettatore si trascina così fino alla fine per scoprire che in realtà nulla è concluso della storia perché la Dark Universal, nuovo franchise della Universal, ha deciso di dirigere una serie di film sul mondo dei mostri, stile Marvel e DC, e quindi di tenere diversi canali narrativi aperti. Un tempo lo scopo era quello di girare un buon film, un film unico per originalità, e dopo magari girare un sequel per sfruttare il successo del primo. L’operazione non era ovviamente pregevole, ma aveva almeno il merito di aver girato un ottimo primo film, tanto da far richiederne il seguito. Ora con questo nuovo sistema di film, pensati per obbligare gli spettatori a essere costantemente aggiornati su cosa fa quel mostro in tal film e cosa fa un altro mostro in un altro film, si rischia solo di generare confusione, e di perdere un filone narrativo curato e coerente.
Non ci si può che augurare per amore del cinema che questo modo di fare film a tappe venga accantonato al più presto per tornare a fare opere originali e uniche.