Il lavoro, la vita e i progetti per il futuro sono stati al centro della lunga intervista di Silvio Orlando, che si è raccontato a Malcom Pagani in una lunga intervista pubblicata da Il Messaggero. Al centro delle sue riflessioni la carriera da attore, una figura che lui definisce come “un artista senza progetto”, poiché “Sempre pronto a farsi piacere le idee degli altri, a contenersi, ad annullare la propria intelligenza davanti al regista per non creare imbarazzo diventando ingombrante o antipatico ai suoi occhi”. Un ruolo, quindi da plasmare in virtù delle situazioni, non privo di contrasti, ma che non ha mai dato vita a sentimenti di rivalità: “Non sono mai entrato in competizione con un regista, il che non significa che non abbia mai litigato o che i rapporti siano stati sempre idilliaci, però le regole d’ingaggio mi sono state chiare fin dall’inizio. Qualsiasi sia il grado di complicità, l’attore è un collaboratore”, ha detto l’artista.
Nelle parole di Silvio Orlando, anche la sua Napoli, “una città tragica che ha la dannazione di doversi tenere in piedi ogni santo giorno e nella quale ironia e teatralità servono a sopravvivere e a non impazzire”. E poi la gioventù nei quartieri alti: “Sono cresciuto nello stesso quartiere di Paolo Sorrentino, al Vomero”, mista al ricordo di quelle sensazioni che solo la nostalgia di casa può dare: “Quando parli di Napoli, parli di odori, rumori, volti e voci che nella testa delle persone rappresentano qualcosa di molto preciso. Da quel mondo io ero stato strappato a quattro anni per emigrare in alto, al Vomero, la Collina Fleming della mia città. Un posto in cui sentire di avere delle radici per me è impossibile”, ha detto il cantante, che da quando ha lasciato la sua città non ha mai messo radici fino in fondo. Non manca, nella lunga intervista, il suo pensiero sul nostro paese, “un posto in cui le ribellioni sono difficili. Puoi fare quattro giornate di rivoluzione, ma poi alla quinta devi andare al mare”.
Al centro della sua lunga riflessione, anche la carriera nel mondo dello spettacolo: “Il cinema. Pericoloso e mistificante. Nei due mesi in cui lavori fianco e fianco, ti pare di non poter vivere senza quella persona e che anche l’altra non possa fare a meno di te. Poi si smontano le tende, si fanno le valigie e quando il film è finito, è finito”, dice l’attore, secondo il quale “Il cinema è un gioco e il gioco ha le sue leggi non scritte. Leggi che dipendono da un telefono che squilla o tace all’improvviso, da chi ti offre un’opportunità e da chi invece te la nega. Dai colpi di fortuna. Dalle occasioni”. Una carriera piena di successi, dai David di Donatello ai Nastri D’Argento, eppure Silvio Orlando, nel suo lungo percorso, ha fatto i conti con alti e bassi: “Il mio mestiere è fatto di tante lune. Sali in cima, cadi, ti rialzi, ricominci a scalare. Se la parabola è lunga, è quasi ineluttabile. Non c’è niente da fare. I problemi non ti toccano soltanto se hai una carriera corta”.