Alla tavola di un ristorante di lusso vi sono Stan Lohman, politico di successo, in corsa per la carica di governatore, e suo fratello Paul, accompagnati dalle rispettive mogli. Quella che sembra essere una noiosa cena familiare, si trasforma in un crudo confronto che deciderà la sorte dei propri figli, protagonisti di un orribile omicidio.



The Dinner è prima di tutto un libro. Poi è una sorta di pièce teatrale, che ricorda un meraviglioso film di Roman Polansky, Carnage. Poi è un film, il terzo, tratto dallo stesso libro. The Dinner è la storia della complessità contemporanea, che annacqua la realtà, impedisce la verità e azzoppa la gioia di vivere. I personaggi che Herman Koch, l’autore del libro, e allo stesso modo (e con grande merito) Oren Moverman mettono in scena sono vittime del presente. Vive in essi la fatica di essere giusti, coerenti, equilibrati.



In un mondo lacerato dai morsi di una moltitudine di squali, Stan Lohman (un ottimo Richard Gere) fa politica e brinda, non senza preoccupazioni, ai benefici del potere e del denaro. Dall’alto del tempio del privilegio, dispensa ordini, riverito da torbidi sciacalli o umili servitori. Nel ristorante della cena, il “mezzogiorno di fuoco” familiare, è la stella polare, l’uomo di successo, il verbo per tutti. Tranne che per suo fratello Paul. In lui convive cinismo e disperazione, che sfociano in una critica insistente e inarrestabile a tutto ciò che l’odiato o invidiato fratello rappresenta.



Lo spettatore si schiera, annusando del lurido ciarpame, dalla parte dei deboli, che coi piedi per terra sembrano vedere la realtà con lucido realismo e un po’ di rancorosa disillusione. Ma la vita, e la scena, ha sorprese da rivelare. La cena, che offre il ritmo del film cadenzando il tempo dall’antipasto al dessert, è il teatro nel quale si consuma la tragica scelta di due famiglie, destinate a salvare o condannare i propri figli, frutto inquietante di una società malata e responsabili, quasi “per caso” di un terribile delitto.

L’imperativo morale si intreccia con l’amore di padre e di madre. E la scelta combatte con l’idea di giustizia, rettitudine e dovere familiare, definendo in un intricato labirinto di conseguenze, il futuro di due intere famiglie. Un film che critica, denuncia e compatisce la fragilità umana, che troppe volte non ha risposte davanti ai dilemmi della vita.

Il gioco delle relazioni tra i due fratelli e le loro mogli, protagoniste peraltro di un’ottima prova, funziona molto bene. Pur perdendosi in qualche flashback di troppo, Moverman riesce a dar vita a un film solido, che mostra con grande realismo le forti pulsioni dei protagonisti che rivela poco a poco, trasformandoli nell’opposto di quello che sembrano.

Un dramma, che è anche un thriller, che è anche la storia dell’uomo di oggi, forte di una debole moralità e debole di una forte impronta qualunquista.