Questa sera su Rai 1 per omaggiare la memoria del giudice Paolo Borsellino che assieme a Giovanni Falcone è il simbolo della lotta alla mafia, va in onda il film tv Adesso tocca a me. Un ritratto appassionante di un uomo che ha voluto sacrificare la propria vita nella speranza di regalare un futuro migliore ai siciliani e quindi agli italiani, a 25 anni esatti dalla morte. Borsellino venne ucciso in via D’Amelio davanti alla casa della propria mamma con una bomba piazzata in un auto in sosta.Un omicidio avvenuto esattamente 24 ore prima di un incontro che Paolo Borsellino aveva fissato con la procura di Caltanissetta per parlare dell’uccisione di Giovanni Falcone e che conterrebbe ancora molti lati oscuri. A confermarlo è stato il figlio di Manfredi al processo raccontando: “Il giudice Paolo Borsellino, dopo la morte di Giovanni Falcone, attendeva con ansia di essere interrogato dai magistrati della procura nissena, a tal punto che una volta disse pubblicamente: io qui non vi posso dire nulla, ciò che ho da dire lo dirò ai magistrati competenti”. La strage di Via D’Amelio per molti era stata già annunciata, a partire dallo stesso magistrato ucciso che in una delle sue ultime interviste si definiva “un cadavere che cammina”.La figlia Fiammetta lo ricorda anche oggi con estrema partecipazione.



PAOLO BORSELLINO, IL GIUDICE PALERMITANO UCCISO DA COSA NOSTRA (ADESSO TOCCA A ME)

IL GIALLO DELL’AGENDINA ROSSA

Nel giorno del ricordo di Paolo Borsellino, a 25 anni dall’agguato di mafia in via D’Amelio, dopo la rabbia della figlia Fiammetta che ha denunciato al Corriere l’assenza di contatti da parte di magistrati o poliziotti, a parlare è stato Antonio Di Pietro, ex pm di Mani Pulite, in una intervista a Intelligonews.it. “Capisco la sua amarezza, la comprendo e sono convinto che sia vera e sentita”, ha replicato Di Pietro. “Fiammetta ha tutta la mia solidarietà”, ha aggiunto. Attorno alla morte di Borsellino si è detto tanto e tra i vari riferimenti ancora misteriosi vi è quello alla famosa agendina rossa del giudice Borsellino, sparita dopo l’attentato. Un quaderno sul quale il magistrato annotava appuntamenti e osservazioni e del quale non se ne separava mai, ma che forse qualcuno aveva interesse a farlo sparire. In merito ha replicato l’ex pm Di Pietro: “Se esiste veramente vorrei che un giorno, più presto possibile, venisse trovata perché evidentemente doveva contenere qualche appunto”. A tal proposito ha infine auspicato che almeno da un punto di vista storico fosse possibile avere una ricostruzione esaustiva di quanto avvenne veramente 25 anni fa, nonostante le denunce di depistaggi e manipolazioni. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



LA DENUNCIA DELLA FIGLIA FIAMMETTA

Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato rimasto ucciso 25 anni fa, vittima di un attentato di mafia, negli ultimi anni ha sempre voluto riservare al padre ucciso una giornata di raccolta, con una messa solitaria nella piccola chiesetta a Pantelleria. Oggi però è pronta a prendere parte ad una audizione in Commissione Antimafia a Palermo per denunciare i “25 anni di schifezze e menzogne”. La donna, una delle tre figlie del giudice Borsellino, ha rotto il silenzio per la prima volta in tv da Fabio Fazio, in diretta tv, lo scorso 23 maggio. In quella occasione fece commuovere durante il suo intervento nel quale ricordò non solo il padre ma anche l’amico Giovanni Falcone. “Noi siamo dalla loro parte, dalla parte di quei valori di legalità e giustizia per i quali sono morti”, aveva asserito. La figlia di Borsellino aveva poi auspicato in una verità “che dia un nome e un cognome a quelle menti raffinatissime come mio padre stesso le ha definite e che con le loro azioni ed omissioni hanno voluto eliminare questi due reali servitori dello Stato”. Le stesse menti, a detta di Fiammetta, impedirono nelle ore immediatamente successive ai due agguati di raccogliere prove fondamentali ad uno sviluppo positivo delle indagini, depistandole. Dopo il suo intervento, tuttavia, come asserito oggi in una intervista al Corriere.it dalla stessa Fiammetta Borsellino, “non c’è stato un cane che mi abbia stretto la mano”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



UNA STRAGE ANNUNCIATA

A 25 anni esatti dalla sua morte, l’immagine e le parole di Paolo Borsellino, vittima di un attentato di mafia, restano vividissime. Il 1992 segnò per sempre la storia recente italiana, prima con l’uccisione, il 23 maggio, del magistrato ed amico Giovanni Falcone, seguita poi due mesi dopo da quella di Borsellino. Una strage per certi aspetti “annunciata” e che lo stesso giudice attendeva. Era questione di giorni, ormai, come fece intendere nella sua ultima intervista al giornalista del Tg1, Lamberto Sposini, al quale asserì di sentirsi “un cadavere che cammina”. Era grande, nel magistrato palermitano, la voglia di giustizia e la dedizione che aveva fino all’ultimo dimostrato nel suo lavoro, al punto da spingerlo a dichiarare: “Io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare”. Sono stati 57 i giorni che lo separarono dall’uccisione cruenta dell’amico e collega Falcone, e nei quali forse lo stesso Borsellino scoprì i nomi degli assassini. Doveva dunque fare presto, concretizzare la sua intuizione secondo la quale dietro la strage di Capaci si sarebbe potuto essere un legame tra mafia e politica, ma il tempo stringe e Cosa Nostra non ha alcuna intenzione di concedergli il tempo necessario per recuperare prove. Alle 16:58 del 19 luglio 1982, la storia italiana è destinata a cambiare per sempre, come via D’Amelio, Palermo e la vita di tutti coloro che fino a quel momento avevano lottato per mettere fine ad una piaga destinata poi ad uscire dai confini della Sicilia. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

INSIEME A FALCONE ISTRUI’ IL MAXIPROCESSO NELL’AULA BUNKER DI TORINO

Paolo Borsellino è nato a Palermo il 19 gennaio del 1940 nel quartiere popolare della Kalsa ed ha conosciuto Giovanni Falcone durante una delle tante partite di calcio organizzate da ragazzini. Dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo Borsellino frequentò prima il liceo classico e quindi si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza gettando le basi per la sua carriera di magistrato. Durante il periodo universitario fu coinvolto in una rissa per questioni ideologiche di natura politica e finì davanti ad un giudice. Venne assolto perché non ritenuto implicato nella vicenda. Nel 1963 è entrato nella magistratura italiana e nel 1967 fu nominato Pretore a Mazara del Vallo. Negli anni Settanta venne spostato a Palermo per poi occuparsi di mafia entrando negli anni Ottanta nello storico pool con Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Assieme a Falcone istruì il maxiprocesso nell’aula bunker di Torino. È morto il 19 luglio 1997 nell’attentato di via D’Amelio.