Rachel Jane era un affermato chirurgo estetico. La incontriamo al chiuso di una stanza d’ospedale psichiatrico, prigioniera in una camicia di forza, a spiegare all’autorità giudiziaria le origini della terribile violenza che ha inflitto a Frank. Frank Kitchen era un sicario professionista, assoldato dalla criminalità organizzata per uccidere un uomo, che si rivela essere il fratello del Dottor Jane. Per infliggere una terribile vendetta al sicario, Rachel decide di operare Frank e di trasformarlo in una donna, togliendogli ogni attributo e regalandogli una nuova identità e, al contempo, una nuova possibilità di riscattarsi da una vita violenta. Frank, com’era facile prevedere, non gradirà questa sconvolgente trasformazione e tornerà a essere violento, nel disperato tentativo di trovare nel sangue la sua vendetta.  



Era il lontano 1979 quando Walter Hill confezionava uno dei suoi (pochi) film culto: I guerrieri della notte. Qualche anno più tardi, con 48 ore, bissava il successo, costruendosi una reputazione nei film d’azione. Da allora a oggi, a onor del vero, non sono molti i suoi titoli che si ricordano, oltre a quelli citati.



Walter Hill è un regista di mestiere, capace di exploit commerciali e di fatui innamoramenti del pubblico cinematografico del mercoledì o del sabato sera. Con Nemesi, cerca di trovare un territorio di originalità che malauguratamente non riesce a sfociare in un film degno di nota. L’azione stenta, i personaggi risultano bidimensionali mentre lo stile registico sembra essere poco a fuoco.

Si parte da una suggestione estrema che ben esprime il pensiero folle di Sigourney Weaver, brillante chirurga estetica deviata nella pazzia. Per vendicare l’uccisione del fratello, opera il criminale donandogli un nuovo sesso. Nelle sue deliranti parole, è per questo l’occasione per riscattarsi, lasciando da parte la prigione maschilista per trovare redenzione in una donna e in una nuova vita. C’è un contenuto morale, nella punizione e nel cambio di sesso, che non è piaciuto alle associazioni transgender americane. Ma, a dire il vero, la scelta è solo uno spunto narrativo funzionale all’azione, senza alcuna intento riflessivo.



Dopo il cambio di sesso, Frank continua la sua condotta violenta, rivelandosi piuttosto facile all’uso delle armi. Nel film si spara molto, si fa molto rumore, si sprecano immagini crude per creare azione e memorabilità. A tratti, rivelando la sua origine di graphic novel, Hill inserisce nelle scene dei frame disegnati per impreziosire, ma il risultato non si avvicina a nessun film cult di genere. Hill non è Tarantino, né la Weaver Hannibal the Cannibal. Nemesi non è Kill Bill, né tanto meno Sin City.

Sigourney Weaver fa il suo dovere senza brillare: il suo personaggio è freddo, colto e malato, ma non sufficientemente torbido. Michelle Rodriguez è Frank, violenta, spietata, sensuale. Con lei si gioca inutilmente sulla sua ambiguità sessuale cercando di amplificare il gossip che l’ha vista protagonista di relazioni, si dice, lesbiche. Ma il bacio lesbico, che Frank ormai donna concede alla ragazza che ha abbordato da uomo, non riesce nemmeno a far rumore.

In tutto questo appare assurdo, ad esempio, che la fresca compagna di bevute non faccia una piega nel constatare che Frank è diventato donna. Un segnale evidente che qualcosa, nella scrittura del film e nella sua rappresentazione, non abbia funzionato a dovere.

Un film incompiuto dunque, un esercizio di stile un po’ fine a se stesso che consegna Nemesi alla categoria dei film “da vedere solo se capita”.