Su 7, il settimanale del Corriere della Sera, abbiamo letto tempo fa un interessante servizio sulla CCTV, l’emittente di Stato di Pechino. Fondata nel 1958, la China Central Television conta 9mila dipendenti, “spalmati” su ben 22 canali; i Tg, rigorosamente trasmessi a reti unificate, raccontano, con dovizia di particolari, parole, incontri, gesti e gesta del presidente Xi Jinping; le partite di calcio sono mandate in onda con un minuto di differita (così che il regista abbia modo di tagliare eventuali manifestazioni “politicamente scorrette”); non mancano le mega-produzioni, come lo sceneggiato “Remota promessa di matrimonio”: ambientato tra gli anni ’60 della Rivoluzione culturale e gli anni ’90 dell’apertura all’economia di mercato, racconta in tempo reale – con la formula che ha fatto la fortuna della serie tv “24”, protagonista il mitico agente dell’anti-terrorismo Jack Bauer – la vita dei due, ormai anziani, promessi sposi. Pare che, dopo 3.640 puntate, le nozze siano lì lì per arrivare; e pure le fiction, seppure con trame diversamente accattivanti rispetto ai gusti di noi occidentali, narrano e celebrano gli eroi del valoroso Esercito popolare di liberazione contro cattivissimi giapponesi.



Che dite… un po’ noiosa la Tv di Stato cinese? Certo, non sarà la mitica BBC, però il telegiornale delle 19 può vantare un’audience media di 315 milioni di spettatori ogni giorno e la fiction “In nome del popolo” per 55 puntate ha tenuto incollate allo schermo addirittura 1,7 miliardi di persone. Numeri impensabili, manco fosse la finale di un Mondiale di calcio. Ma i vertici della CCTV non si accontentano, vogliono crescere ancora. Per farlo hanno bisogno di quel surplus di fantasia che probabilmente finora è mancato. Coscienti delle nostre doti e sufficientemente opportunisti da cercare di volgere la situazione a nostro vantaggio (il termine esatto sarebbe “paraculi”, ma il nostro amico Zinga ci toglierebbe il saluto al solo proferir questa parola…), avanziamo le nostre proposte. Non si sa mai nella vita… 



Test di mingyi. Visto il clamoroso successo di Renmin de mingyi, cioè “In nome del popolo”, fortunatissima fiction in cui il protagonista, l’ispettore Hou Liangping, va a caccia di corrotti per buttarli in gattabuia, abbiamo pensato a un altro programma… mingyi: Test di mingyi. Come si evince dal titolo, trattasi di un quiz, anzi, del “Quiz del popolo”. Una sorta di Rischiatutto alla cinese, dove a partecipare è, appunto, il popolo, mentre gli spettatori in sala sono solo tre. Doppiamente condannati (già nella vita sono prigionieri comuni che devono scontare pene cospicue anzichenò) al supplizio delle telecamere e delle luci, senza aria condizionata.



Xi può dare di più! Aggirate (speriamo in bene) le pastoie della censura, il programma avrebbe l’ambizione di raccontare le giornate del presidente Xi Jinping: con il solito minuto di ritardo, casomai a Xi scappasse qualche imprecazione… mingyi, una telecamera dovrebbe seguirlo ovunque (eccezion fatta per le proverbiali “riunioni di gabinetto” che non si possono delegare a chicchesia…), dai suoi incontri con le delegazioni straniere e i capi di Stato alle sue visite all’estero, dai suoi interventi pubblici alle cene con i familiari fin sulla soglia della camera da letto: perché poi, come diceva il nostro amico Dante (per quanti non sapessero chi fosse, vi basti sapere che è un amico di vecchia data dello Zinga), sarebbe opportuno non “mostrar ciò che ‘n camera si puote”. Perché, secondo noi, constatata la scarsa popolarità di Trump, acclarate le difficoltà di Putin, rese evidenti da una politica assai raffazzonata le divisioni tra i leader europei, il nostro Xi… può dare di più! Immaginate: già pronta la sigla (“Xi può dare di più” del mitico trio Tozzi-Morandi-Ruggeri, una garanzia di successo anche in Cina), il nostro Xi deve solo fare cose che altri politici non fanno. Qualche esempio? Xi racconta barzellette sconce, Xi si fa vedere in giro con uno stuolo di belle e giovani donne, Xi si compra una squadra di calcio… Dite che è roba che si è già vista in giro? Sì, ma non in Cina!

Shanghai! Poteva forse mancare, proprio in Cina, il film… giallo? E allora, chi ha ucciso l’avvenente e misteriosa Dama Cinese? Come mai non si evincono tracce di proiettili né segni di ferite da taglio? E perché gli unici segni sono quegli inspiegabili 41 buchini sparsi un po’ dovunque su tutto il corpo? Forse che la vittima faceva trattamenti di agopuntura? Domande alle quali solo l’abilità dell’ispettore Del Lik darà una risposta credibile. Aiutato dal suo assistente, il minuscolo Qing Qong, scoprirà a sue spese (il biglietto di prima del treno da Pechino non gli verrà rimborsato) che Shanghai non è solo una città e che i buchi non hanno niente a che fare con la droga. Ci immaginiamo già il commento entusiasta del “Quotidiano del Popolo”: “Mingyi che suspence!”.