Lo scrittore Pablo Neruda le ha dedicato un’ode. “Cassaforte dell’acqua, placida / regina del fruttivendolo, / bottega / della profondità, luna / terrestre! / Oh pura, / nella tua abbondanza / si sciolgono rubini / e uno / desidera / morderti / affondando / in te / la faccia, / i capelli, / l’anima!”. Versi composti per celebrare la “rotonda, suprema e celestiale anguria”, un doppio emisfero di freschezza, di delizia, di traboccante dolcezza. E che l’anguria sia la regina incontrastata di questa estate rovente lo stanno a dimostrare i numeri: più di 520mila tonnellate prodotte (e avidamente consumate) solo in Italia. Un frutto solo all’apparenza banale, visto che è composto per oltre il 90% di acqua; anzi, come testimonia un ampio servizio, apparso sulla rivista scientifica-nutrizionista “Il melone di Newton”, “l’anguria non è solo rinfrescante e dissetante, è anche ricca di vitamine, potassio, fosforo, magnesio e tante altre proprietà nutritive benefiche per la salute e il benessere dell’organismo”. E oggi addirittura è diventata pure importante musa ispiratrice per tanti chef, anche stellati.
E allora, che siate costretti a passare il Ferragosto a casa o meno, che la canicola vi scovi al mare oppure in città (e financo al monte), nulla vi disincentivi dal rinfrescante assaggio, dopo l’immancabile grigliata così come alla fine di un pasto frugale. In suo e vostro onore, ecco cinque suggerimenti per ricette ferragostane refrigeranti, tratte dal libro di cucina “Bianca Rossa & Verdona”, la cui autrice, la famosissima e prosperosa attrice Eva Longoria (nome d’arte di Eva Languria) ha interamente dedicato al boombastico frutto di cui come detto porta anche il cognome.
Anguria ripiena di Angus. Ricetta semplice ma di notevole impatto calorico. L’anguria andrà svuotata del suo purpureo contenuto (da gustare a parte, a fine cena), da cui andranno recuperati i preziosissimi semini neri. Gli 8 chili di carne bovina Aberdeen Angus, acquistati dal macellaio di fiducia, saranno tritati finemente ed ovviamente usati per farcire l’anguria (i semini neri di cui sopra andranno ad abbellire un piatto davvero originale), creando così una gigantesca tartare, ulteriormente impreziosita da un saporitissimo condimento a base di olio, limone e una salsa di senape e Worcershire. Qualcuno tra voi potrà obiettare: “Ma non sarà una palla al piede? Mah, semmai un nodo da marinaio allo stomaco! Però… vuoi mettere il gusto?”.
Anguilla ripiena d’anguria. Afferrate un’anguilla (“sguiscierebbe” anche da morta, figuratevi… “live”!) apritele la bocca (se non si apre, beh… vuol dire che l’avete presa per la coda) e poi invitatela (prima con le buone, poi… come volete) a ingerire un’anguria tutta intera, in un sol boccone (e che boccone!). Dopo che avrà assunto la classica forma tondeggiante, salate e marinate a dovere, fuori e (possibilmente) anche dentro. Portate in tavola e sorprenderete i vostri ospiti (la maggior parte dei quali la scambieranno per un pesce palla) con un’anguilla non più lunga lunga, ma tonda tonda.
Angoli di anguria ricoperti di coniglio d’Angora in angostura. Un tocco d’Oriente per una ricetta di antica tradizione cinese. Il taglio dell’anguria in fette a forma di tramezzino è fondamentale: che siano sottili ma al contempo robuste, adatte alla spalmatura di tenera carne di coniglio d’Angora, macinata e cotta delicatamente al forno. Prima di arrivare in tavola, sarà d’obbligo cospargerla con abbondanti dosi di angostura. Infine, qua e là, espediente minimal eppure abbellimento di portata assai efficace, qualche ciuffo di soffice pelo dello stesso coniglio d’Angora di cui sopra. A puro titolo di cronaca, uno dei piatti preferiti del regista taiwanese (che Hollywood ha adottato da tempo) Ang Lee (dove Ang, manco a dirlo, altro non è che il diminutivo di Anguria).
Ang. dell’Ing. dell’Ong dell’Ung. Ricetta inventata da un anonimo neolaureato in Ingegneria che lavora presso una non ben identificata Organizzazione Non Governativa di Budapest, in Ungheria. Semplicissima, non occorre laurea alcuna: preparate dell’ottimo gulasch e poi condite con fette d’anguria sottili sottili. Il contrasto dolce (anguria) / piccante (gulasch) è da perdere la testa. Sarebbe piaciuta tanto a Robespierre…
Coco Chanel. E chiudiamo in bellezza, con qualcosa di estremamente raffinato, di manifeste origini francesi. Il cocomero – sinonimo che in questo caso si fa preferire al più popolare, perciò volgare, anguria – è protagonista assoluto. Variegato ai cinque aromi dolci (bacca, mandorla, maraschino, rum e vaniglia), non deve assolutamente essere servito freddo nella classica portata da dolce, (per la serie parla come mangi: quella con piattino e cucchiaio), ma spruzzato con delicatezza sulla pelle, per una sensazione di freschezza mai provata! Siete stupiti? Beh… stiamo pur sempre parlando del “Coco Chanel N. 5”.