Era il 1925 quando Adolf Hitler dava alle stampe il Mein Kampf, la “bibbia laica” del Nazismo contenente la sintesi del suo folle macchiavellismo. Fu un successo: non solo il saggio vendette milioni di copie, ma se ne parlò a lungo come di un’opera introspettiva a firma di un grande statista. Allo stesso modo, Channel 4 partorisce The State, serie televisiva incentrata sulla dottrina neonazista della jihad. E se nel mirino di Hitler c’erano i semiti, in quello dei terroristi ci sono gli infedeli. Due tipi di “infedeltà” diverse, dunque, ma entrambe riconducibili alla medesima matrice di odio nei confronti del diverso. Alla luce delle cronache, però, l’accoglienza di The State è stata meno clemente. C’è chi accusa la rete di inneggiare al fondamentalismo, e chi mette in guardia i più giovani dalla visione degli episodi. Il rischio conclamato, qui, è di romanzare una tragedia, inducendo chi guarda a “empatizzare” coi protagonisti.
TRAMA E PRODUZIONE
The State racconta la storia di quattro britannici che, abbandonata la terra natia, si recano in Siria per sperimentare appieno la loro conversione. A Raqqa vengono reclutati dall’Esercito del Terrore, e impiegati in una serie di missioni che non hanno nulla da invidiare al più svagato action movie.
Regista e sceneggiatore hanno lavorato oltre un anno per rendere credibile il risultato finale. La trama è frutto di inchieste e analisi condotte con la complicità del King’s College di Londra, cui si deve l’accurato approfondimento dei processi di radicalizzazione. Una serie fin troppo credibile, dunque, che più che a una fiction somiglia a un documentario. Non è da trascurare la sua profonda valenza divulgativa: la mission dichiarata è e rimane quella di scavare nell’abisso di una delle organizzazioni criminali più eminenti al mondo.