Quinto potere è un film che nel 1977 ha vinto svariati Oscar: miglior attore e attrice protagonisti, Peter Finch e Faye Dunaway, miglior attrice non protagonista, Beatrice Straight, e miglior sceneggiatura originale a Paddy Chayefsky. È un film molto verboso e recitato, ma qui sta il bello, lo sceneggiatore con i suoi dialoghi è stato il motore del film. Chayefsky aveva già vinto due Oscar nel 1956 con Marty, vita di un timido e nel 1972 con Anche i dottori ce l’hanno, ma in Quinto potere si è superato. 



Prima considerazione. Gli americani già nel 1976 (anno di uscita del film) avevano compreso il potere e l’influenza che il mezzo televisivo aveva sul pubblico. Questa la trama. Un conduttore televisivo, Peter Finch, viene licenziato dal network televisivo Ubs di Los Angeles, il suo programma è sceso troppo in basso nel gradimento del pubblico e di conseguenza lo share è precipitato. Prima di congedarsi annuncia che si suiciderà in diretta. Viene licenziato all’istante, ma il giorno seguente riappare in video per scusarsi, e recita un nuovo proclama con toni deliranti e blasfemi. Lo share va alle stelle e il conduttore viene lasciato libero di condurre un programma nel suo strillato stile. Chiede: “Perché io?”. Gli risponde il producer: “Perché parli alla tv“.



Diventa un santone che parla alla pancia della gente di tutti i mali della società: “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più. Andate a urlarlo alla finestra”. E i telespettatori gli obbediscono e il programma diventa un cult, tutti ne parlano e tutti ne scrivono. E lo share s’impenna. Così come gli introiti pubblicitari

Seconda considerazione. Non è che il nostro Grillo si è inventato i Vaffaday e successivamente il Movimento 5 Stelle dopo aver visto Quinto Potere? Anche lui come Finch utilizza la tv e la nuova tecnologia alla stessa maniera. Populismo e malcontento all’ennesima potenza. Su questa scia M5S è entrato in Parlamento e governa a Roma e a Torino. Al contempo Finch è critico con la tv, anche se la utilizza: “La tv non è la verità, è un maledetto parco dei divertimenti, è un circo, carnevale, fenomeni da baraccone. Ammazzare la noia è il solo nostro mestiere. Quindi se volete la verità andate dal vostro dio, dal vostro guru, andate dentro voi stessi, è l’unico posto dove troverete la verità”.”Vi diciamo quello che volete sentir dire. È un’illusione, e adesso spegnete la tv”. 



L’altro Oscar, Faye Dunaway, impersona una nevrotica e cinica producer che, annusata l’aria che tira, cavalca a più non posso il santone Finch. Una producer disposta a tutto che chiede ai suoi collaboratori programmi alternativi estremi con sesso e assassinii in nome degli ascolti, proponendo anche un reality-show con il fantomatico Esercito di liberazione ecumenico, che filmerebbe le proprie rapine in banca. Il suo amante William Holden dice di lei: “È della generazione della tv. La vita l’ha imparata dalla pubblicità”.

Il santone Finch continua con i suoi sermoni finché non tocca gli interessi finanziari dei proprietari del network che lo invitano a cambiare indirizzo. Lo show si ammoscia, così come gli ascolti. La cinica Faye Dunaway decide allora un colpo di teatro, l’uccisione in diretta del guru Finch.

Un film, come già dicevo, molto costruito sui dialoghi e sulle nevrosi di chi lavora in tv. Un film estremo, critico, sopra le righe, ma nello stesso tempo ironico e pungente. Ricordiamo che però è stato girato nel 1976, in anticipo sui vari reality e show che avrebbero invaso successivamente la programmazione televisiva.

Terza considerazione. Oggi la tv è sorpassata, la fanno da padrone internet e i social. Ma in Italia se guardiamo il percorso che ha fatto dall’avvento della tv commerciale, in sintesi potremmo dire che questa ha cambiato socialmente e politicamente il Paese. Nel 1994 Berlusconi scese in campo con un partito virtuale supportato dalle sue reti. Direte, affermazione banale, no, prova ne è che in un regime totalitario come la Corea del Nord la Tv trasmette unicamente le gesta dei vari Kim Sung e il popolo non conosce altro. Tv come oppio dei popoli.

Ora che il filone si è sgonfiato e che internet propone in diretta gli accadimenti nel mondo, hanno voce spesso i programmi che trattano omicidi e morti, uno sfruculiare estremo e diseducativo con l’aggiunta pruriginosa del sesso.