LA GIOVINEZZA

Valeria Golino ripercorre la sua carriera nella lunga intervista rilasciata a Malcom Pagani del Messaggero. Perennemente divisa tra la Grecia, Paese d’origine della madre, e l’Italia, quello del padre, la Golino ha fatto sapere di essere il frutto di un fortunato melting pot: “Quando abitavo in Grecia la mie vacanze erano italiane, quando vivevo in Italia, greche. Viaggiavo molto e i tre mesi del riposo sembravano almeno sei”. Laila e Luigi, i suoi genitori, si separarono presto: “Fu un dolore grande che ho provato a non far mai pesare sulle loro spalle. Erano in due Paesi diversi e quindi per lunghi mesi, io e mio fratello, vedevamo o l’uno o l’altro. Era una situazione difficile, che però mi ha forgiato”. Manca poco all’uscita al cinema de Il colore delle cose, commedia sentimentale che la vede protagonista assieme ad Adriano Giannini. E a stretto giro, anche un ruolo nella prossima fatica di Valeria Bruni Tedeschi: “Sarò sua sorella, ripasso il francese e inizio tra 10 giorni”. La Golino guarda al futuro, più che al passato: “Con la memoria ho un rapporto di pura gentilezza. Se mi chiedono, rispondo. Ma non la coltivo né la metto su un piedistallo”. 



IL SUCCESSO DI VALERIA GOLINO

La fama, per Valeria Golino, è arrivata del tutto all’improvviso: “A 14 anni mi sono ritrovata su una passerella come modella, e con l’equilibrio interiore sono dovuta scendere a patti molto presto. Ma l’equilibrio non è un interruttore. Non lo accendi quando vuoi”. Visione un po’ pasoliniana: “Il successo è soltanto l’altra faccia della persecuzione”, cita. E restando in tema letterario, la Golino confessa di amare molto Rimbaud: “Mi rivedo molto nella sua Canzone della torre più alta: ciò non significa che sia stata sempre delicata, ma di sicuro per voglia di non offendere o di non ferire l’interlocutore, ho smarrito per strada un po’ di verità. Anche non esprimersi, se la questione ti riguarda da vicino, è un indizio di pavidità”. Ma anche di discrezione: “Infatti esistono cose sgradevoli che non direi a un altro neanche con una pistola puntata alla nuca perché non ho il mito della sincerità a tutti i costi. Se la sincerità ti aiuta a non star male, è la benvenuta. Altrimenti il gioco non vale la candela e rischia di trasformarsi in crudeltà gratuita. Le parole feriscono. Le parole hanno un peso. E io la crudeltà non riesco a recitarla, neanche al cinema. Trovo che sia un sentimento ottuso”.



LA MATURITÀ

Tra le esperienze di spicco nella carriera della Golino, la sua comparsata in Rain Man: “Sul set imparai a comportarmi come una professionista. All’epoca ero giovane e un po’ cialtrona. Non studiavo e giocavo spesso con il fuoco, dimenticandomi le battute. Penso che avrei dovuto dare più dignità a quell’ingaggio, rispettare meglio il patto iniziale. La frase che mi disse Barry Levinson, il regista, me la ricordo ancora”. Le disse: “You have to learn the disciplin”, “Devi imparare la disciplina”. E aveva ragione: “Con il tempo sono diventata un’altra, ma dopo, non subito. E non radicalmente. Ci sono voluti anni, c’è voluto uno sforzo di comprensione, di attenzione, di amore”.

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